Monte dei Paschi di Siena, un pozzo senza fondo: bilancio (ancora) in rosso e aiuti di Stato senza fine

L’istituto di credito toscano continua, da anni, a pesare sui contribuenti. Si fermerà mai questa valanga di fondi pubblici?

Il Monte dei Paschi di Siena (MPS) è un istituto di credito italiano nato nel 1472 come Monte di Pietà per aiutare le classi disagiate della popolazione della città di Siena. E’ una delle più antiche banche in attività e delle più longeve al mondo. E’ attivo su tutto il territorio nazionale e sulle maggiori piazze internazionali. Una sua caratteristica è balzare agli onori (si fa per dire) della cronaca per scandali o operazioni finanziarie opache.

E’ passato alla storia il cosiddetto scandalo dei derivati del gennaio 2013, che i manuali di economia definiscono come “contratti finanziari il cui valore appunto deriva da quello di un bene (titoli, indici, materie prime o altro) chiamato sottostante”. Sono nati essenzialmente come strumenti di copertura dai rischi, dando la possibilità di acquistare o vendere qualcosa (il sottostante) in una data futura e a un prezzo deciso al momento della sottoscrizione del contratto.

Ora è successo che il MPS negli anni passati ha effettuato una serie di operazioni rischiose. Trading sui mercati finanziari per ricavarne enormi profitti, la scalata alla banca Antonveneta a un prezzo molto elevato, e via discorrendo. Poco importa la natura di queste operazioni, il fatto è che non sono andate come sperato, e la banca ha accumulato delle perdite. Quando, però si pubblicano i bilanci, gli azionisti non sono per niente contenti di vedere delle perdite.

Ed ecco la grande “genialata”: si “aggiusta” il bilancio per farlo sembrare migliore di quanto non sia in realtà. Ma i nodi sono venuti al pettine e lo Stato è dovuto intervenire per coprire il buco. Ancora oggi, pesa sul bilancio dei contribuenti un debito di 4 miliardi di euro, come ha riportato l’ANSA. Il management è stato prima condannato e poi, di recente, assolto, in appello. Le responsabilità di chi doveva controllare e non l’ha fatto sono evidenti, la Banca d’Italia, organismo di diritto pubblico, il cui scopo è di mantenere la stabilità dei prezzi e la stabilità e l’efficienza del sistema finanziario, in attuazione del principio della tutela del risparmio sancito dall’articolo 47 della Costituzione.

Si è visto come! Nel 2017 il Ministero dell’Economia e delle Finanze (MEF) investì nella banca 5,4 miliardi di euro, di cui 3,9 per l’aumento di capitale e il resto per i risparmiatori penalizzati. In questo modo, il MEF detiene il 68% del capitale di MPS, una quota rilevante nella gestione della banca. In questi anni la banca ha cercato di alleggerirsi dei crediti deteriorati, ma i suoi tentativi si sono rivelati inutili. Quindi ha chiesto di nuovo l’aiuto di “babbo” Stato, che è sempre prodigo verso l’alta finanza e la grande impresa, ma restio ad aprire i cordoni della borsa quando si tratta di sanità e scuola. Infatti, ha investito 1,6 miliardi. Per sopravvivere il MPS ha effettuato un’Offerta pubblica di scambio (Ops) con Mediobanca (banca specializzata in servizi finanziari).

Le Ops sono operazioni finanziarie attraverso cui un soggetto offre agli azionisti di una società quotata di scambiare i propri titoli con quelli di un’altra. Ma la risposta di Mediobanca è stata dubbiosa, se non negativa. Senza inoltrarci in tortuosi discorsi finanziari e borsistici, con consigli di amministrazione che dovrebbero avallare o negare questa o quella decisione, per i comuni mortali resta l’amaro in bocca.

Ossia, da che mondo è mondo, qualunque sia il tipo di governo di un Paese, si tratti di democrazia o dittatura, si ripete sempre la stessa storia: ad essere protetti sono sempre i potenti anche quando sono in disgrazia e il popolo non conta un fico secco. I soldi seguono l’odore di altri soldi e il “cane morde sempre lo straccione”, nel senso che la sorte si accanisce contro i più deboli. Ancora oggi vige la legge del Marchese del Grillo, il film di Mario Monicelli del 1981, interpretato magistralmente da Alberto Sordi che così sentenziò: “Perché io so’ io e voi non siete un cazzo!” Come i fatti dimostrano, siamo ancora a questi livelli!

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