Qualsiasi disposizione sembra data da persone estranee alla realtà di tutti i giorni. Esperti e tecnici vivono in mondi diversi e, spesso, si contraddicono. Nei guai i poveri mortali costretti a lunghe file e disagi.
Milano – Una vacanza per riprendersi dal tampone post vacanze. Io ne avrei sicuramente bisogno. O meglio, se fossi stata una delle centinaia di persone che questa mattina erano in coda per farsi il tampone post ferie, avrei molto probabilmente usato quelle ore d’attesa per prenotarmi un’altra vacanza. Fatto sta che da ieri mattina centinaia di persone hanno sopportato ore di coda, anche sotto il sole, senza un posto dove sedersi – se non per terra – nel’impossibilità di bere o mangiare per paura di “perdere il posto”. Si spera che almeno per i bisogni fisiologici il vicino di coda abbia avuto la cortesia di tenere il posto. Ma su questo non abbiamo notizie certe.
Così mentre il Paese rivendica il diritto di tornare al Ballo del mattone, sempre con mascherina beninteso, i lombardi in rientro da Grecia, Spagna, Malta e Croazia hanno 48 ore di tempo per sottoporsi tampone rinofaringeo. Il risultato? Quello appena descritto: centinaia di persone in coda, una dopo l’altra, spesso senza nemmeno la distanza del braccio che si usava per il famoso trenino di Capodanno, tanto per citare un altro ballo.
Sulla questione Covid, in Lombardia, ogni cosa sembra amplificata, nel bene e nel male: il numero dei contagi, dei decessi, delle indagini, delle inchieste, delle ordinanze, dei controlli, dei tamponi, dei test sierologici. E sarà forse per questa sensazione che su alcuni fronti ampi margini di verità ci sono davvero. Le cose sembrano organizzate sempre alla svelta, senza una vera e talvolta dovuta riflessione. Sul test post vacanze l’unica “fortuna” – se così la vogliamo chiamare – è che nell’attesa non si dovrà più stare in isolamento:
“…Non sarà necessaria nessuna quarantena – aveva precisato l’assessore regionale al Welfare, Giulio Gallera – ma l’adozione rigorosa delle misure igienico sanitarie come l’uso sempre della mascherina e la limitazione allo stretto necessario degli spostamenti…”.
In provincia di Pavia, tanto per rimanere in Lombardia, chiunque rientri – in aereo, nave, auto, treno, pullman e persino a piedi non importa – da uno dei 4 Paesi prima citati, dovrà sottoporsi al tampone, gratuitamente, anche se non ha sintomi. Sul sito di Ats (www.ats-pavia.it/rientro-italia) è spiegato il da farsi: i cittadini dovranno effettuare il tampone entro 48 ore, avvisando Ats e chiamando il numero unico europeo – sempre sperando di prendere la linea – 116117. Tre i punti prelievo in provincia: uno a Vigevano (Istituto De Rodolfi via Bramante 4) operativo il lunedì dalle 7,30 alle 10,30, uno a Pavia (Stadio via Alzaia) operativo mercoledì e giovedì dalle 7,30 alle 10,30 ed il terzo a Stradella (tenda all’ospedale, venerdì stesso orario dei primi due. Con l’impegnativa del medico si potrebbe fare anche nei laboratori privati, sempre gratuitamente, ma il problema è che la maggior parte dei centri privati sono, guarda un po’, chiusi per ferie. Come volevasi dimostrare.
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Così la situazione di ieri, lunedì post Farragosto, è stata che alle 11, e quindi ben oltre mezzora dopo la chiusura prevista del centro prelievi, c’erano ancora oltre 100 persone in coda, ammassate l’una all’altra, per fortuna tutte con la mascherina. Alla Polizia Locale non rimaneva altro che invitare gli ex vacanzieri, già stressati nel riuscire a distanziarsi almeno di un mattone l’uno dall’altro, ad evitare assembramenti.
Tornando al nocciolo della questione: ma se un lombardo non riesce a fare il tampone entro le 48 ore perché i centri prelievo sono strapieni mentre quelli privati sono chiusi per ferie? Il suo rischio Covid va in prescrizione? Ripartono le 48 ore all’inizio di ogni giornata di coda? Le giornate d’attesa per il test post vacanza da chi sono pagate? Ovvero sono giorni di permesso retribuito o no? Le domande attendono le risposte che non verranno.
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