Milano-Cortina: spunta altra presunta tangente da 22mila euro a ex dirigente

I giudici sono convinti che occorre indagare sul clientelismo. Riesame: “decreto governo su natura privata non blocca inchiesta”.

Milano – Spunta anche un’altra presunta tangente da “22mila euro” per l’ex dirigente della Fondazione
Milano Cortina 2026,
Massimiliano Zuco, uno dei tre indagati nell’inchiesta sulla gestione dell’evento olimpico, dalle pagine del provvedimento con cui il Riesame ha confermato i sequestri probatori a suo carico. I giudici, infatti, danno conto che i pm nell’udienza dei giorni scorsi hanno portato elementi su “più ampie utilità” che avrebbe ricevuto Zuco per favorire Vetrya, società dell’imprenditore Luca Tomassini, nell’appalto per i servizi digitali.

Altre utilità oltre al “compenso complessivo” per il suo ruolo di dirigente, nominato dall’ex ad della Fondazione Vincenzo Novari su input, per l’accusa, di Tomassini, che oltrepassava gli 857mila euro tra il 2020 e il 2022 e alla “assegnazione” a lui di un’auto acquistata dalla stessa Vetrya. Gli investigatori della Gdf, infatti, hanno trovato “due fatture” per un valore di 22mila euro “emesse da Vetrya apparentemente per l’acquisto da una società di Zuco di non meglio specificate mappe digitali”. Agli atti anche, si legge, le dichiarazioni di un teste, “e le mail da questo esibite”, che “dimostravano l’interferenza di Zuco per alterare in favore di Vetrya la valutazione tecnica e l’aggiudicazione dei servizi digitali ad un prezzo” che, poi, è risultato “ben più alto di quello” di Accenture, che non fu scelta. E con “servizi non efficientemente realizzati” da Vetrya per la Fondazione.

I giudici hanno riqualificato la corruzione contestata nell’inchiesta in corruzione tra privati, mentre ieri era emersa un’informazione errata sul reato cambiato in traffico di influenze illecite. Da fonti legali, addirittura,
in un primo tempo erano circolate ieri notizie sbagliate su un accoglimento del ricorso della difesa, anche sulla Fondazione come ente privato. La Procura fino a ieri non aveva nemmeno ricevuto il provvedimento, depositato due giorni fa, come si legge ora, e il Riesame ribadiva ai cronisti che non voleva dare chiarimenti. Tanto che, poi, sono dovuti intervenire in serata i vertici del Tribunale, a cui, poi, è stata fornita pure
l’indicazione non corretta sul reato.

Il provvedimento ricostruisce, con gli atti delle indagini, che “Novari conosceva Zuco” e che Tomassini, “già socio anche di Novari”, avrebbe caldeggiato l’assunzione di Zuco in Fondazione “fin da ottobre 2019”. I giudici parlando di un “accordo trilaterale” tra i tre indagati con uno “smaccato favoritismo” per Vetrya. La Fondazione avrebbe pagato alla società di Tomassini fatture “per importi complessivamente non inferiori” a
quasi 1,9 milioni di euro. I giudici ricordano che Zuco, intercettato lo scorso aprile, avrebbe detto che le gara era stata “falsificat…fatta col c….”. e che quando parlava dell’appalto vinto da Vetrya usava il pronome “noi”. Zuco avrebbe anche ricevuto il 18 marzo 2020, “18 giorni prima della formale assunzione in Fondazione”, come dimostrato dalle mail, “l’offerta per i servizi digitali”. E quando una società si era ritirata dalla gara Zuco avrebbe scritto a Tomassini “uno in meno”.

Il quadro” emerso dalle testimonianze e dalle “intercettazioni”, “in particolare con riferimento” al “clientelismo che sovraintendeva alle assunzioni in Fondazione” Milano Cortina 2026, alla “carenza di effettivo svolgimento della prestazione lavorativa” anche a fronte di un “deficit di bilancio” che si è “amplificato”, rende “non solo utile ma anche doveroso” indagare ancora sulla gestione dell’evento olimpico.
Lo ha scritto il Tribunale del Riesame di Milano nel provvedimento con cui ha confermato i sequestri probatori a carico di uno degli indagati, l’ex dirigente dell’ente Massimiliano Zuco, e ha riqualificato uno dei reati, la corruzione in “corruzione tra privati”, contestato nell’inchiesta assieme alla turbativa d’asta e all’abuso d’ufficio.

Riesame che, inoltre, come emerge dal provvedimento, non ha preso posizione, in questa fase cautelare, sul nodo della natura giuridica della Fondazione, natura pubblica (sostenuta dai pm) o privata (indicata dal governo in un decreto di giugno e dalla difesa). I giudici (Savoia-Nosenzo-Ambrosino) scrivono che l’intervento “del Legislatore”, ossia quel decreto di poco più di un mese fa con cui il governo ha ribadito la natura privata della Fondazione, contestata, invece, dall’aggiunta Tiziana Siciliano e dai pm Francesco Cajani e Alessandro Gobbis, non comporta, comunque, “l’irrilevanza penale del fatto”. Da qui la “conferma del sequestro”, affinché si indaghi ancora a partire dai dispositivi presi nelle perquisizioni del 21 maggio scorso, eseguite dal Nucleo di polizia economico finanziaria della Gdf di Milano.

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