Pratica avviata dopo gli attacchi ai magistrati emiliani che hanno disposto il rinvio alla Corte di Giustizia Ue sul decreto ‘Paesi sicuri’.
Roma – Una proposta di risoluzione a tutela dell’indipendenza e del prestigio dei magistrati e della
funzione giudiziaria. E’ quella votata oggi dalla Prima Commissione del Consiglio Superiore della Magistratura, a seguito delle polemiche che hanno riguardato i giudici di Bologna che, nelle scorse settimane, hanno disposto il rinvio degli atti alla Corte di Giustizia Ue sul decreto ‘Paesi sicuri’ in materia di immigrazione.
Il documento – che nei prossimi giorni verrà sottoposto al vaglio del plenum del Csm – è stato approvato in Commissione con 5 voti a favore (tutti i togati e il laico M5s Michele Papa), mentre ha espresso voto contrario il laico di Fi Enrico Aimi. Dieci giorni fa era stata presentata una “richiesta urgente” di apertura di una pratica a tutela “della indipendenza e autonomia dei magistrati del collegio giudicante, e in particolare del suo presidente, e della stessa magistratura”. Era stata rivolta al Comitato di presidenza del Csm, con un documento dei togati di Area, Md, Unicost, gli indipendenti Fontana e Mirenda, e 3 laici – Roberto Romboli (eletto in quota Pd), Michele Papa (M5S) ed Ernesto Carbone (Iv) – con riferimento ai giudici bolognesi che, nei giorni scorsi, hanno disposto il rinvio alla Corte di Giustizia Ue sul decreto ‘Paesi sicuri’.
Nel documento depositato al Comitato di presidenza si ricordava che l’ordinanza di rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia Ue adottata dal tribunale di Bologna “ha formato oggetto di dichiarazioni fortemente polemiche di titolari di altissime cariche istituzionali; dichiarazioni in nessun modo correlate al merito delle argomentazioni giuridiche sviluppate nell’ordinanza e gravemente delegittimanti dei magistrati che l’hanno pronunciata e di tutta la magistratura”.
Il Tribunale emiliano aveva rinviato alla Corte di Giustizia europea il decreto del governo sui Paesi sicuri, per chiedere quale fosse il parametro su cui individuarli e se il principio del primato europeo imponga di ritenere che in caso di contrasto fra le normative prevalga quella comunitaria. Il rinvio era arrivato nell’ambito di un ricorso promosso da un richiedente asilo del Bangladesh contro la commissione territoriale per il riconoscimento della protezione. Nel suo rinvio alla Corte Ue sul decreto governativo il tribunale di Bologna, entrava anche nel merito sulla definizione di ‘Paesi sicuri’, contestando il principio per cui potrebbe definirsi sicuro un Paese in cui la generalità, o maggioranza, della popolazione viva in condizioni di sicurezza, visto che il sistema di protezione internazionale si rivolge in particolare alle minoranze.
In seguito ad “alcuni provvedimenti giurisdizionali” e “sino alla decretazione d’urgenza” di cui al “dl Paesi sicuri” – spiegava il tribunale – si sono manifestate “in modo obiettivo e virulento” delle “gravissime divergenze interpretative del diritto europeo” che occorre dissipare attraverso un rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia Ue. “In presenza di un gravissimo contrasto interpretativo del diritto dell’Unione, qual è quello che attualmente attraversa l’ordinamento istituzionale italiano – si faceva notare – il rinvio alla Corte è opportuno al fine di conseguire un chiarimento sui principi del diritto europeo che governano la materia”.