Sempre più giovani scelgono il micro-pensionamento, ovvero lunghe pause dal lavoro per viaggiare o rigenerarsi. Una tendenza che cambia il rapporto con l’impiego e la carriera.
La pensione è l’agognata meta di ogni lavoratore. Nelle società occidentali con la denatalità e l’invecchiamento della popolazione, questa meta si sta allontanando sempre di più, perché, di fatto, si è allungata l’età per godere di un diritto sacrosanto. Le giovani generazioni sembrano più propense ad un cambio di paradigma culturale, ossia: non restare per 40 anni e oltre nello stesso posto di lavoro, ma prendersi dei periodi, più o meno lunghi, di pausa.
Sembrerebbe una sorta di rimedio contro il sovraccarico da lavoro, che produce conseguenze negative sulla salute dei lavoratori. Gli scienziati sociali, essendo dotati di fervida fantasia, hanno definito questo fenomeno “micro retirement” (micro-pensionamento). Non è dato sapere il motivo di questa definizione un po’ ambigua, che ad una prima analisi con la pensione purchessia non ha nulla a che fare. Forse, per evitare equivoci, sarebbe stata più appropriata la parola “pausa”.
Scorrendo le notizie sul tema, emerge che la tendenza riguarda persone che percepiscono stipendi di un certo livello. Come nel caso di un ingegnere/creator che ha deciso di non arrivare a 70 anni per viaggiare e dedicarsi agli hobby, ma prendersi una lunga pausa dal lavoro. Più che un micro-pensionamento sembra un nuovo modo di vivere, alternativo a quello consueto. Sarebbe impossibile, comunque, coi salari che ci ritroviamo in Italia prendersi una pausa, soprattutto se si ha famiglia e si è monoreddito. Ma anche quando si lavora in due, si fa fatica a stare nelle spese. Figurarsi prendersi una pausa.

Comunque, ad esserne attratti maggiormente sono i giovani. Su TikTok, il loro social preferito, il consiglio fornito a chi chiede come si possa usufruire di una pausa di lavoro, è di mettere da parte un bel gruzzolo, prima di decidere, oppure avere un supporto finanziario da parte della propria famiglia. La scoperta dell’acqua calda, che nella lingua gergale è sinonimo di semplice ovvietà. E’ difficile immaginare di poter lasciare il lavoro per prendersi una pausa senza avere delle risorse finanziarie, molti non riescono a sopravvivere nemmeno 1 o 2 mesi, se venisse sospeso lo stipendio!

Questo trend nel nostro Paese ha appena fatto capolino nel costume nazionale, dove, tuttavia, ne esiste uno simile, detto “job hopping”. Si tratta della pratica di cambiare frequentemente lavoro o di fare un elevato numero di esperienze lavorative in un periodo di tempo relativamente breve, da parte di chi non è gratificato del proprio lavoro e quindi cambia, spesso, mansione o settore. Secondo i dati diffusi dall’Agenzia Nazionale Politiche Attive del Lavoro (ANPAL) il “job hopping” nell’ultimo decennio ha riguardato circa 3 milioni di lavoratori. L’occupazione nel Belpaese è cresciuta rispetto agli anni scorsi. Tuttavia, si è ancora lontani dalla media europea, soprattutto per le basse percentuali nel Mezzogiorno d’Italia e di quella femminile.
I giovani, come detto, non sembrano disposti a mettere il lavoro al primo posto della loro scala di valori, se questo significa non avere tempo libero. Una nota curiosa è costituita dal tempo di permanenza sul luogo di lavoro. Per i sessantenni e oltre è, in media, di 8 anni e 3 mesi. Per le generazioni successive oscilla dai 5 anni e 2 mesi ai 2 anni e 9 mesi fino ai 2 anni e 3 mesi. A conferma della fluidità delle relazioni sociali e, quindi, lavorative. Come si dice in certi casi: se son rose fioriranno, se son spine attenzione a non pungersi, perché gli aculei possono essere pericolosi!