I femminicidi si succedono l’uno dietro l’altro in questo 2022 funesto per le donne che continuano a subire violenze e vessazioni. Il Codice Rosso si è dimostrato insufficiente dunque occorrono nuove norme per snellire le procedure di protezione e quelle per evitare l’avvicinamento dell’aguzzino alla sua vittima.
Villa Castelli – “…Giusy uccisa dall’uomo che crede di essere Dio…”. Cosi si è espresso nella sua omelia don Antonio Andriulo, parroco della chiesa di San Vincenzo de’ Paoli dove il 2 settembre scorso si sono svolti i funerali di Giuseppina Fumarola, sarta di 48 anni, uccisa dal suo ex compagno.
Un’omelia straziante che ha toccato il cuore di tutti gli astanti ancora increduli per l’ennesimo femminicidio che non trova giustificazione alcuna. E non potrebbe. Mentre il sindaco della cittadina pugliese, Giovanni Barletta, dichiarava il lutto cittadino gli inquirenti concludevano la ricostruzione dell’omicidio della donna a cui è seguito il suicidio dell’assassino.
Giuseppina Fumarola, detta Giusy, mamma di due figli, faceva la sarta presso una ditta del paese. Il 24 luglio scorso la donna, alle 7 come ogni mattina da oltre 20 anni, a bordo della sua auto si stava recando in via Galileo Galilei dove è ubicata la sartoria nella quale prestava servizio. Giunta davanti all’ingresso del magazzino un uomo, verosimilmente il suo ex compagno, Vito Sussa di 52 anni, muratore, le si sarebbe avvicinato e avrebbe fatto fuoco con un fucile da caccia.
Due colpi micidiali in pieno petto. Un urlo, uno solo e il corpo della donna che si accascia sul terreno in un lago di sangue. Sussa sparisce subito dopo nella sua abitazione, a poche decine di metri dall’azienda tessile. Prende una corda, la lega ad un tramezzo e si impicca. Fine della tragedia, durata in tutto una manciata di minuti. Bilancio: due morti.
Subito dopo si recavano sul posto gli inutili soccorsi del 118 ed i carabinieri della locale stazione, unitamente ai colleghi della Compagnia di Francavilla Fontana diretta dal capitano Gianluca Cipolletta e del Nucleo investigativo di Brindisi, coordinato dal capitano Rolando Giusti. I militari, coordinati al Pm Paola Palumbo della Procura di Brindisi, avviavano le indagini ascoltando le colleghe della vittima, parenti e amici.
Gli investigatori visionavano anche i video delle telecamere di videosorveglianza della ditta che avevano ripreso ogni scena del delitto. I carabinieri si recavano subito in casa di Sussa ma l’uomo era già cadavere. La sarta, che aveva avuto due figli, Gessica e Gherardo, di 27 e 21 anni, da una precedente relazione, aveva conosciuto l’operaio, appassionato di caccia, l’anno scorso.
Dopo un periodo di normalità in cui la relazione sentimentale sembrava andare a gonfie vele, i due avevano iniziato a litigare tanto che Giusy aveva deciso di interrompere quella relazione ormai malata. Vito non l’aveva presa bene e pare non mancasse occasione per incontrare la donna per pregarla di tornare con lui. Giusy faceva di tutto per evitare il suo ex compagno ma l’uomo abitava a pochi passi dalla sartoria e spesso si faceva trovare davanti al cancello.
Nonostante qualche minaccia verbale del muratore nulla faceva ipotizzare la tragedia anche perché Sussa era incensurato e non aveva alcuna denuncia a carico. Pare invece che le armi ritrovate in casa, due fucili ed una pistola, fossero legalmente detenute e qui si ripropone il problema delle troppe armi in giro per l’Italia:
”… Uccisa brutalmente da un verme – aggiunge don Antonio nella sua omelia – che alberga nel cuore degli uomini, avvelenato da egoismo, radice di odio e cattiveria…”. Ai funerali ha partecipato una delegazione dell’associazione “Io Donna” che ha lanciato un monito su un fenomeno preoccupante, figlio di una cultura che deve essere estirpata:
”… Ci eravamo incontrati credo non più tardi di tre, quattro giorni prima dell’omicidio – racconta il sindaco Barletta – in occasione di una evento musicale in paese. Qui ci conosciamo tutti, siamo poco più di 9mila abitanti. In questo momento voglio esprimere la vicinanza, la mia personale, e quella di tutto il Comune ai due figli e alla famiglia della donna. E allo stesso tempo voglio lanciare un appello alla riflessione: occorre lavorare quotidianamente sui rapporti umani e in modo particolare sul rispetto delle donne. Non sono sufficienti le giornate come quella dell’8 marzo. Non è possibile che continuino ad accadere tragedie come questa…”.
Occorre quanto prima intervenire sul Codice Rosso con modifiche normative che rendano più snelle le procedure di protezione per la donna in difficoltà e in pericolo di vita. L’introduzione del braccialetto elettronico per presunti stalker e molestatori eviterebbero ogni contatto fra vittima e carnefice.