Le puntuali azioni di contrasto non permettono alla criminalità organizzata locale di muoversi a proprio agio. Nella città dello Stretto alcuni clan mafiosi "serrano i ranghi".
Messina – Sono 33 le misure cautelari eseguite nella città dello Stretto: 21 sono finiti in carcere, 10 agli arresti domiciliari e 2 con obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria.
Sequestrate due imprese nel settore del gioco, delle scommesse e della ristorazione.
Questo è in sintesi il bilancio dell’operazione “Provinciale” che ha visto coinvolti carabinieri, Guardia di Finanza e polizia di Stato.
I reati contestati sono quelli di associazione di tipo mafioso, trasferimento fraudolento di valori, sequestro di persona, scambio elettorale politico-mafioso, lesioni aggravate, detenzione e porto illegale di armi, associazione finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti, detenzione ai fini di spaccio di sostanze stupefacenti, con l’aggravante del metodo mafioso.
Tutti i gruppi coinvolti nel blitz hanno “strettissimi profili di collegamento” e adottano “strategie criminali condivise”, agendo “in piena sinergia” allo scopo di raggiungere il “controllo del territorio” delle zone di appartenenza, ossia i quartieri di Provinciale e Maregrosso.
I carabinieri di Messina hanno seguito le mosse della cosca di Giovanni Lo Duca, attiva nell’ambito delle estorsioni e nel traffico di sostanze stupefacenti. L’indagine ha portato al sequestro di un bar divenuto una vera e propria base logistica.
La Guardia di Finanza si è invece occupata del gruppo capeggiato da Salvatore Sparacio, rione Fondo Pugliatti, che controllava attività economiche. In seguito si è disposto il sequestro di un’impresa nel settore del gioco e delle scommesse.
La Questura, infine, ha seguito le “imprese” del clan di Giovanni De Luca, rione Maregrosso, che opera nel controllo dei locali notturni e nel traffico di stupefacenti. Il gruppo è già stato oggetto dell’indagine “Flower”, conclusa nell’ottobre 2019.
L’indagine è partita in seguito alla scarcerazione del boss Giovanni Lo Duca, ora di nuovo in carcere, che appena uscito di prigione aveva immediatamente ripreso il comando dell’organizzazione.
La base operativa della cosca era il Bar Pino, gestito da Anna Lo Duca, sorella di Giovanni, in cui quest’ultimo incontrava gli affiliati e pianificava le varie attività criminali.
L’influenza di Lo Duca era tale da riuscire ad ottenere la liberazione di un minorenne trattenuto da un pregiudicato del posto che voleva punirlo per delle offese pubblicate del minore su Facebook. Quando la madre del ragazzo si è rivolta a Lo Duca in cerca di aiuto, il boss è subito intervenuto per porre fine alle ostilità.
Il gruppo mafioso gestiva il traffico di stupefacenti nelle piazze dei quartieri di Provinciale, Fondo Fucile Mangialupi. La droga veniva rifornita a Reggio Calabria.
Lo Duca collaborava nella gestione con De Luca, confermando la collaborazione tra clan per il controllo del capoluogo.
Le indagini della Guardia di Finanza hanno inoltre fatto luce sul gruppo di Salvatore Sparacio, trovando conferma proprio il giorno 11 aprile 2020, quando si celebravano i funerali di Rosario Sparacio (padre di Salvatore), in barba alle regole imposte dal primo lockdown. In quella circostanza il corteo si era fermato davanti alla sala biliardi, in una sorta di inchino.
Nella Asd Biliardi Sud, controllata da Sparacio, avvenivano quelli che potremmo definire veri e propri summit mafiosi e si praticava il gioco d’azzardo online mediante computer collegati a piattaforme di scommesse con sede all’estero.
La mano di Sparacio si sarebbe introdotta anche nelle elezioni comunali del 2018. Dalle intercettazioni emergono conversazioni relative 10mila euro offerti al boss da parte del candidato Natalino Summa (oggi ai domiciliari) in cambio di voti.
Tra gli arrestati anche Maria Puleo e Anna Lo Duca, ritenute organiche all’associazione mafiosa.
“…Da questa inchiesta emerge una mafia che vuole crescere, ma che ha grosse difficoltà a farlo perché la pressione delle forze dell’ordine sul territorio è molto importante – ha commentato il procuratore Maurizio De Lucia – lo Stato è più forte…”.
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