La vecchia e affascinante maniera di messaggiare resiste inalterata nel tempo. L’esperienza che vi raccontiamo ne è la prova provata anche se poi le parole vergate sul foglietto sono state diffuse nel web. Che vogliamo farci? Il protagonista della vicenda non ha saputo resistere al richiamo di internet.
Roma – Sembra una storia d’altri tempi o uno di quegli episodi che tanto hanno affascinato la fantasia degli adolescenti. Stiamo parlando del messaggio in bottiglia. L’anno scorso, durante il periodo estivo, su una spiaggia del litorale barese è stata trovata una bottiglia con all’interno un messaggio: “Spero che le onde del mare siano abbastanza generose da portare questo messaggio sulla terraferma e che venga ricevuto da qualcuno che riesca a capire i miei pensieri“.
Il mito del messaggio risale alla notte dei tempi ed ha sempre accompagnato la vita di studiosi, marinai, artisti e scrittori. Come frammenti di vita lasciati allo sciabordio delle onde del mare. Hanno oscillato tra cronaca e fantasia, dato informazioni, raccontato drammi e, soprattutto, emozioni. Hanno sempre rappresentato un tratto caratteristico dell’immaginario collettivo e delle tradizioni popolari. Tant’è che oggi le bottiglie con messaggi allegati vengono conservate in apposite strutture, come testimonianze storiche.
Ad esempio, nel Museo Nazionale di Turks & Caicos – il cui nome dipende dalle omonime isole atlantiche a sud della Florida, USA – sono facilmente reperibili collezioni di reperti archeologici, frutto della storia culturale dell’isola, strettamente legata al mare. Nel 2001 vi fu inserita la sezione “Museo del messaggio in bottiglia” dove sono state raccolte e conservate le tante bottiglie ritrovate, a conclusione del loro viaggio sulle spiagge dell’isola di Gran Turk.
Anche i messaggi, adeguandosi alla tecnologia, ora utilizzano il mare del web per iniziare il loro viaggio in bottiglia. Esiste, infatti, un apposito sito “Message in a Bottle Server” attraverso il quale si possono decidere spiaggia, molo di partenza e scrivere il messaggio che sarà, poi, messo in bottiglia e lanciato in acqua!
La bottiglia che tra onde e correnti è risalita fino a Bari pare sia partita l’anno prima da San Pietro in Bevagna, località situata sulla costa ionica del Nord Salento, in provincia di Taranto. Superando il capo di Santa Maria di Leuca si è incastrata tra gli scogli lungo le rive del quartiere Palese, sul litorale barese. Qui è stata scoperta dal padre di Giuseppe Angelini, un trentenne di Casarano, provincia di Taranto, ricercatore presso l’Università Statale di Milano, che si trovava in vacanza.
Angelini è rimasto affascinato dalla storia raccontagli dal padre. A tal punto che decideva di rintracciare il latore del messaggio, particolarmente incuriosito dal fatto di affidare pensieri e riflessioni al mare, nella speranza che qualcuno potesse comprenderli. Il ricercatore ha deciso di utilizzare i social network con un appello per rintracciare il giovanissimo autore di quelle frasi.
Angelini dichiarava a Il Messaggero: “…Ero dubbioso se postare la lettera dandola in pasto al mare magnum del web, in cui la morbosità e le contumelie sono diffuse in maniera capillare. Mi sembrava un tradimento della volontà dell’autore che, sembrava volesse uscire da questo schema e non restare vittima alla brama dell’eterna iperconessione di massa…La richiesta era palese, il messaggio è per te che lo hai trovato e basta. Per questi motivi ho postato solo il desiderio ultimo del ragazzo, allo scopo di contattarlo direttamente…”.
Il miracolo è avvenuto e il ragazzo, oggi quindicenne, ha scoperto attraverso le tante condivisioni che il suo messaggio era stato trovato. Un esempio di come i social possano rappresentare un collegamento tra le persone. Questo è quello che affermano i più ottimisti. Però il fatto che il messaggio stesso alla fine della giostra sia stato diffuso nel web ne ha tolto fascino ed esclusività.