Secondo un recente sondaggio il Presidente della Repubblica risulta essere il politico più amato dagli italiani. Un risultato che scalda i cuori, ma è spia di un malfunzionamento del sistema.
Roma – Anno nuovo, tempo di bilanci per quello appena trascorso. Anche e soprattutto per la politica italiana, visti i tempi. Un valido strumento per misurare l’appeal delle figure politiche e dei partiti tra gli elettori sono sicuramente i sondaggi che, periodicamente, fungono da termometro di consensi e gradimento.
Partendo dalle figure politiche, un sondaggio di Euromedia Research, ha premiato il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella quale politico più apprezzato dagli italiani. La percentuale di gradimento è molto alta, il 58,2%, di certo un confortante segnale per il nostro primo cittadino, che ne sarà ovviamente lusingato. Ma, volendo leggere tra le righe, il dato indica un forte disamore degli italiani nei confronti del sistema politico.
Se colui in cima alle preferenze è uno stimabile uomo politico di 81 anni che, inter alia, avrebbe già dovuto essere in pensione a godersi famiglia, riposo e nipoti; e se il politico al secondo posto in classifica, Giorgia Meloni, dista a più di 20 punti percentuali dal presidente Mattarella, significa che qualcosa non torna e che l’elettorato italiano è stufo.
Stufo di parole, stufo di vacui peana, stufo della confusione che pervade le stanze romane del potere. Il clima è di profonda sfiducia, testimoniato anche dall’elevato astensionismo nelle ultime elezioni settembrine. I politici, dal canto loro, fanno poco o nulla per cercare di “leggere la pancia” dello Stivale e del popolo che dimora entro i suoi gambali, limitandosi a vaghe promesse che vengono poi regolarmente disattese o solo parzialmente soddisfatte alla resa dei conti.
Facce che da svariati decenni, nei casi più eclatanti, si aggirano tra gli scranni di Montecitorio, di figuri che si perpetuano mandato dopo mandato, fluttuando con nonchalance tra uno schieramento e l’altro. Quando poi si passa ai fatti, un’affidabile e recente cartina di tornasole per confermare lo stato in cui versa la nostra politica è l’iter che ha condotto alla composizione della manovra finanziaria. Norme definite, poi riviste, poi cambiate, poi riadattate per non scontentare nessuno, in Parlamento. Ma che finiscono per scontentare, parecchio, i cittadini. Con l’unica conseguenza di procrastinare il problema, anziché risolverlo o quantomeno provarci.
Il contesto internazionale, poi, non giova a migliorare la situazione, tutt’altro. La crisi economica che monta, unita a una poco cortese inflazione, generata dal conflitto russo-ucraino, pesa molto sui portafogli degli italiani. Non vuol essere questo un esercizio retorico o un pamphlet populista, basta andare in un supermercato qualsiasi per rendersi conto di come anche i beni del famoso “paniere” abbiano subito rincari tali da mandare al tappeto migliaia di famiglie e pensionati italiani.
La precarietà parlamentare inoltre è da sempre uno dei punti deboli della nostra Repubblica. Esecutivi che traballano ancor prima di insediarsi, agglutinati da fugaci alleanze che si sfaldano alla prima raffica di vento. Coalizioni ibride, raffazzonate, senza identità che spesso non hanno nemmeno il tempo di mettere in atto misure a medio-lungo termine.
Un sistema, quello politico nostrano, che deve necessariamente riguadagnare credibilità. E deve farlo in fretta, perché l’Italia è un paese che prima si è ammalato, colpito da virus ben più letali del Covid quali corruzione, criminalità, mafie. Poi, vista la riluttanza dell’organismo ospitante a eliminarli, non solo non sono stati debellati, ma hanno proliferato così tanto che il Paese ha dovuto essere intubato. E ora servono rapide, decise e mirate cure di medio-lungo periodo se si vuole che torni in salute.
L’ex premier Mario Draghi ha detto che possiamo farcela. Non ci resta che credergli…