Carlo Besostri scommette su Seed, un’isola che non c’era, un’oasi green e solidale nel centro della Lomellina. Ma anche grandi opportunità per “Seminare, Educare, Evolvere e Donare” nell’ottica di un’agricoltura moderna ed ecosostenibile.
Mede – Nel mare delle risaie della Lomellina è spuntata un’isola che non c’era, un’oasi green, equa e solidale. Ospiterà il primo riso “social” della storia, “spiato” dalla semina al raccolto da telecamere pronte a rilanciare on line i progressi delle tenere piantine. Un riso 2.0, dunque, ma con radici ben salde nella tradizione, e l’ambizione di far incontrare produttori e consumatori attorno ad un concetto di agricoltura condivisa e sostenibile.
L’idea è farina del sacco di Carlo Besostri, un cognome che in Lomellina è sinonimo di riso, ma non solo, da più di cento anni. In realtà si dovrebbe dire Conte Carlo Besostri Grimaldi di Bellino, un blasone con oltre cinquecento anni di storia alle spalle trascorsi tra Piemonte e Lombardia, ma l’interessato libera subito il campo da stucchevoli cerimoniali:
“Sono un agricoltore, un coltivatore di riso e di cereali, qui mi chiamano tutti “il Conte”, fa piacere ma niente di più. La storia familiare è un orgoglio e al contempo una responsabilità, nei confronti dell’azienda, di quanti lavorano con me, del territorio che ci ospita da oltre un secolo”.
Da questo assunto scaturisce la volontà di stabilire una connessione virtuosa tra passato, presente e futuro del riso e nasce l’ultima creatura di Besostri imprenditore agricolo di Mede, l’impresa sociale S.E.E.D. (pronuncia sid, seme in inglese), progetto che ha nell’acronimo della ragione sociale la sua esplicita definizione: Semina, Educa, Evolvi, Dona.
Il punto di partenza è un modello di agricoltura ecosostenibile, attento alle risorse naturali, rispettoso dei diritti del lavoratore e delle esigenze tanto del produttore che del fruitore, il tutto declinato in un’inedita alleanza tra questi ultimi. Lo spiega lo stesso Besostri:
“L’idea è quella di far adottare ai consumatori una porzione dei nostri terreni coltivati a riso in cambio di un canone stabilito in partenza. Da uno spazio minimo di quattro metri quadrati, a salire per porzioni multiple, in base alla quantità di prodotto finito che il singolo, o la famiglia, intendono produrre e consumare. Il resto è lavoro che compete all’azienda agricola, dalla semina alla crescita in campo fino alla raccolta, il confezionamento e la consegna a domicilio”.
Chi ha adottato potrà controllare i progressi del “suo” riso da remoto collegandosi al sito di SEED, o se preferisce recarsi in azienda dove le porte sono sempre aperte. Attraverso la modalità del riso condiviso, infatti, il progetto si propone di eliminare la distanza fisica e ideale venutasi a creare tra produttore e consumatore, oggi remoti ingranaggi di una macchina distributiva più grande di loro. SEED nasce proprio per ribaltare questo paradigma, in un rispettoso “ritorno alla terra” che comincia dalla “S” di semina – colture autoctone destinate a crescere ignorando le pratiche dell’agricoltura intensiva – ma anche il seme di un nuovo modo di fare e pensare agricoltura. Che germoglia inevitabilmente passando attraverso la “E” di educare, le nuove generazioni, i consumatori e, perché no?, gli stessi contadini, al recupero di un senso arcaico, paziente e rispettoso dei tempi lunghi della terra. Soltanto un radicale cambio di marcia, Besostri ne è convinto, può permetterci di Evolvere verso un futuro equilibrato e sostenibile.
SEED da un lato garantisce al produttore, specialmente al piccolo, un ricavo garantito, sottraendolo alla spada di Damocle delle oscillazioni dei prezzi, spesso frutto di meri calcoli speculativi; dall’altro soddisfa il consumatore con un prodotto italiano di alta qualità ottenuto nel pieno rispetto dei disciplinari che regolano la produzione biologica. Su questo Besostri ha fatto da tempo i compiti a casa, anzi in azienda:
“Su una superficie di 270 ettari di terreno, solo una parte residuale viene coltivata con metodi convenzionali, il resto segue scrupolosamente le tecniche e le regolamentazioni dell’agricoltura biologica. Non solo: abbiamo investito nell’energia pulita, installando pannelli fotovoltaici e costruendo una centrale a biomassa. Quest’ultima è alimentata con sottoprodotti agricoli e scarti di lavorazione del legno, contribuendo così a ridurre l’impatto ambientale. La nostra scelta sul biologico è vecchia di almeno vent’anni e in qualche modo già preannunciava uno dei capisaldi che regge SEED: estromettere la chimica dai campi significa rispettare il territorio e le falde acquifere, la salute dei lavoratori e ovviamente quella dei consumatori”
Non resta che scoprire il significato del “Dona” che chiude l’acronimo, ultima lettera, ma non nel cuore di chi ha pensato il progetto, per il quale il donare è un’altra attitudine da riscoprire e coltivare. Per questo una percentuale fissa della produzione di riso condiviso sarà sempre devoluta a mense ed enti caritatevoli con i quali l’azienda Besostri ha rapporti consolidati.
“L’agricoltura sfama l’umanità da millenni – chiosa il conte – credo che debba continuarlo a farlo, anche e soprattutto per chi non può permetterselo. Ancora di più adesso che la povertà è diventata endemica perfino in Italia”.
Carlo Besostri ci crede, un’altra agricoltura è possibile, SEED può germogliare e farsi grande spargendo lungo il cammino il suo seme positivo. Dal cuore del riso italiano, la Lomellina, una piccola rivoluzione, lenta e silenziosa, sta per mettersi in marcia, per ironia della storia questa volta promossa da un nobile.