La ricerca ha esaminato 15 Paesi diversi grazie ad una sorta di “cronometro” biologico che ha monitorato l’apprendimento delle reti cerebrali.
Roma – L’inquinamento e la povertà favoriscono l’Alzheimer. E’ noto che l’inesorabile trascorrere del tempo causa l’invecchiamento del cervello e del corpo. Sono processi naturali che accompagnano l’essere umano sin dai suoi primordi. Su questi processi recita un ruolo decisivo la predisposizione genetica, per cui alcune persone possono essere più suscettibili a certe malattie rispetto ad altre. Tuttavia, non sono da escludere fattori sociali che possono incidere in un senso o nell’altro nell’accentuare o, al contrario, ritardare il decadimento delle varie attività e funzioni fisiologiche. Infatti, esistono aspetti, all’apparenza, insignificanti dal punto di vista medico ma, significativi da quello sociale, che hanno un impatto notevole su quello che accade al sistema nervoso negli anni. Grazie ad uno studio si è cercato di constatare quanto nei Paesi in cui sono più marcate le disparità sociali, frutto delle condizioni economiche e della situazione ambientale, possano pesare sull’invecchiamento cerebrale e sulle differenze tra età anagrafica e biologica.
La ricerca è stata pubblicata dal mensile “Nature Medicine”, una delle più prestigiose riviste mediche ed evidenzia come la povertà sociale, economica e ambientale, esacerba i rischi dei processi degenerativi naturali, ad esempio come l’Alzheimer. La ricerca ha esaminato 15 Paesi diversi grazie ad una sorta di “cronometro” biologico che ha monitorato l’apprendimento delle reti cerebrali. Ne è emerso un quadro che potrebbe individuare gli individui più a rischio e implementare interventi mirati per ridurne gli effetti. Dallo studio è emersa l’importanza della combinazione biologica, ambientale e di sanità pubblica, volta alla prevenzione di questo processo. Secondo la Società Italiana di Neurologia (SIN) esiste uno stretto rapporto tra inquinamento atmosferico e sviluppo delle attività cognitive. Ad esempio, tra 10mila giovani americani tra i 9 e i 12 anni, l’esposizione alle famigerate polveri sottili, determini alterazioni delle loro connessioni cerebrali con effetti sui disturbi dell’attenzione e problemi mentali, in una fase molto importante per lo sviluppo cognitivo.
Questi dati sono il frutto di uno studio curato da un’equipe di neurologi, psichiatri, epidemiologi ambientali e biostatistici, pubblicata sulla rivista “Brain Connectivity”, che si occupa della valutazione dei network cerebrali per lo studio della complessità cerebrale e della connettività funzionale, strutturale ed effettiva. Poiché le notizie negative non vengono mai da sole, alle polveri sottili si legano gli inquinamenti nel cibo e nell’acqua. Respiriamo male, si mangia, si beve peggio e gli effetti deleteri non possono che manifestarsi nel corpo e nel cervello! Inoltre, tanto per non farci mancare nulla, secondo i dati a disposizione degli scienziati, oltre il 30% degli ultraottantenni può essere soggetto ad alterazioni vascolari e neuronali, causati dalla degenerazione, con progressiva perdita di vitalità, delle cellule del sistema nervoso centrale. I sintomi, in gran parte, impattano nei meccanismi della memoria, soprattutto di acquisizione di nuove informazioni.
Ora, una società ed una classe dirigente sensibili alle tematiche che investono i cittadini, dovrebbe essere in grado di dare risposte efficaci a bisogni emergenti. Innanzitutto, con una politica di prevenzione sul territorio e mettendo in pratica le soluzioni idonee a risolvere l’annoso inquinamento atmosferico nelle grandi città e non solo. Per quanto riguarda la cura offrire più strumenti simili ai “Cafè Alzheimer”, sotto la gestione delle ASL o dei Comuni. Si tratta di luoghi dove i pazienti, i famigliari e i career professionali possono incontrarsi in modo informali. Lo scopo è evitare l’isolamento, la solitudine e lo stigma sociale.