L’incubo di Stefano Conti, arrestato e poi assolto a Panama. La protesta dei legali

Gli avvocati Valter Biscotti e Vincenzo Randazzo: “Non può tornare in Italia fino al processo di appello. Tutto questo è inaccettabile”.

“Il tribunale di Panama ha stabilito che Stefano Conti, assolto in primo grado e per più di 400 giorni detenuto nel famigerato carcere di La Joya, non potrà lasciare il Paese. È ora che chi di dovere si faccia carico del problema “. Lo riferiscono i difensori, gli avvocati Valter Biscotti e Vincenzo Randazzo. Conti, trader brianzolo di 40 anni, per oltre due anni è stato accusato di tratta di esseri umani a scopo sessuale e rischiava una condanna fino a 30 anni di reclusione. “Il tribunale panamense ha deciso che il nostro connazionale non potrà tornare in Italia fino al processo di appello. Tutto questo è inaccettabile vogliamo che il suo diventi un caso internazionale di palese ingiustizia, tutte le autorità competenti si attivino al più presto” aggiungono i difensori.

Stefano Conti, arrestato e assolto a Panama., vive in un incubo da sette anni. “Tre anni fa sono stato arrestato per traffico di esseri umani. Il mese scorso – racconta – sono stato assolto con formula piena, ho fatto 423 giorni di carcere preventivo da innocente in una delle peggiori galere del mondo, senza acqua da bere o per lavarsi: condizioni disumane”. “Sono dovuto tornare in tribunale per chiedere che mi lasciassero tornare ad abbracciare i miei cari e mi hanno negato il diritto ma me lo hanno negato perché il pubblico ministero ha presentato ricorso, vogliono rifare il processo”, aggiunge. 

Stefano Conti

Arrestato nel 2022, era arrivato in un’aula di un tribunale straniero ammanettato, in ceppi e catene. Il trader italiano agli arresti a Panama ha passato gli ultimi mesi ai domiciliari ma la prima parte della detenzione l’ha passata rinchiuso a La Joya, una tra le carceri tra le più dure del mondo. Durante il processo c’era stato ad un certo punto un significativo colpo di scena che doveva cambiare le carte in tavola. Perché le sue presunte vittime lo avevano scagionato da ogni accusa sostenendo di essere state oggetto di “pressioni e minacce da parte del pm”.

“Chiedo a tutti: se quelle ragazze dicono di non essere più parti offese, di cosa sono accusato? Per cosa sono stato rinviato a giudizio? Qualcuno ce l’ha con me – si era difeso Conti – perché ho fatto resistenza, è evidente: ho denunciato la Procura per cospirazione. Ho sopportato troppo e ho speso tutto quello che potevo per pagare sette avvocati. Adesso basta. Cosa dovrei fare, restare qui in balia degli eventi in attesa che mi facciano il processo il prossimo febbraio? Il governo italiano mi deve aiutare, che mi facciano un processo, ma in Italia, nel rispetto dei diritti civili”.

A raccontare la sua storia era stato proprio il deputato di Fratelli d’Italia (FdI), Andrea di Giuseppe, presente alla prima udienza del processo nel Paese sull’istmo che collega l’America centrale a quella del Sud. “Sono a Panama per la prima udienza del processo a Conti – aveva detto prima di entrare in Aula -, il nostro connazionale detenuto, da quasi 500 giorni, in regime di carcere preventivo in una struttura di massima sicurezza. Grazie al mio intervento, alcuni mesi fa Conti ha ottenuto gli arresti domiciliari e oggi avrà finalmente un processo. Non entro nel merito delle accuse perché non è mio compito ma, da parlamentare, il mio ruolo prevede che io tuteli i miei connazionali e faccia rispettare le leggi internazionali”. Poi, finalmente la notizia della sua liberazione. Ma ancora deve restare a Panama.

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