L’acronimo dei tre termini, diversità, equità e inclusione, è al centro di training aziendali appositi. Ma non bastano a colmare i divari.
Roma – Uomini e donne, sul lavoro un rapporto più che conflittuale! Negli ultimi anni non si è fatto che discutere, a tutti i livelli di “diversità, equità e inclusione” tre termini noti con l’acronimo “DEI”. Non si tratta di quelli dell’Olimpo degli antichi Greci, ma del rapporto, spesso, tempestoso tra maschi e femmine, specie sui luoghi di lavoro. La richiesta è partita dai dipendenti donne, Lgbtq+ (lesbiche, gay, bisessuali, transgender, queer e, più in generale, tutti coloro che non si sentono pienamente rappresentati sotto l’etichetta di donna o uomo eterosessuale). La richiesta è diventata talmente incessante che nelle aziende sono stati organizzati diversi training appositi. Purtroppo, nonostante le risorse investite sul tema, col coinvolgimento finanche di attiviste ed esperte, finora, non si è cavato un ragno dal buco.
Le testimonianze dimostrano che, di fatto, non è cambiato quasi nulla. Si è trasformato, invece, il modo di manifestare la cultura patriarcale, le cui forme di rappresentazione sono diventate più criptiche e per questo più infide, celandosi dietro una maschera di perbenismo e di apparente cortesia. Di alleanza tra maschi e femmine nemmeno a parlarne. La prestigiosa rivista economica statunitense “Harvard Business Review” l’ha definita in modo particolare, ovvero testualmente come ”collaborazione mirata dei membri del gruppo dominante (uomini) con le donne per promuovere attivamente l’uguaglianza nella sfera personale e sul posto di lavoro attraverso relazioni di supporto e collaborazione”.
Questa definizione esprime un maschilismo mascherato da buone intenzioni, in quanto l’alleanza sembra dipendere da una concessione che il potere maschile elargisce alle donne. Per cercare di capire in che modo l’alleanza si sia realizzata, la “Fondazione Integrating Women Leaders” (IWL), il cui scopo è il miglioramento della crescita professionale e organizzativa delle donne, ha effettuato un sondaggio all’interno di aziende medio-grandi. E’ emerso che, dopo aver partecipato ai training su “DEI”, sia uomini che donne hanno manifestato la soddisfazione di essere in quell’azienda. Nel modo in cui entrambi i generi hanno valutato i progressi sul luogo di lavoro rispetto all’ avanzata delle donne”, si sono palesate le differenze. Infatti, mentre le donne che hanno visto dei progressi sono il 72%, i maschi l’88%.
Inoltre, il divario persiste anche nella percezione che entrambi i generi hanno nel valutare come gli uomini si presentano. Ad esempio, il disaccordo è stato totale nello stimare la percentuale di uomini considerati “alleati attivi”. Un aspetto interessante dello studio è stata la comparazione tra i maschi aggiornati dai training e quelli che li avevano evitati. Sui comportamenti discriminatori dipendenti da pregiudizi di genere che si verificano sui luoghi di lavoro, gli “istruiti” manifestavano da due a tre volte maggiori probabilità di considerarli aggressioni e discriminazioni.
Questa peculiarità, secondo gli autori dello studio, è rilevante in quanto l’alleanza gioca un ruolo determinante. Quando gli alleati maschi contrastano il sessismo producono un impatto più positivo sugli altri uomini, rispetto alle eventuali rimostranze espresse dalle donne. Anche questo, potrebbe significare quanto il patriarcato sia dominante. La stessa azione, se rivolta dagli uomini ad altri uomini, ha una sorte diversa se a compierla sono le donne verso gli uomini. A dimostrazione che nonostante i miglioramenti e gli sforzi profusi, il patriarcato non ne vuole sapere di sloggiare!