Eros colpisce come vuole e chi vuole, senza regole. Quando le sue frecce trafiggono il cuore di due donne nasce l’amore che definiamo lesbico o saffico.
Eros colpisce come vuole e chi vuole, senza regole. Quando le sue frecce trafiggono il cuore di due donne nasce l’amore che definiamo lesbico o saffico.
Sicuramente questi sono termini che tutti abbiamo sentito e usato diverse volte, ma la loro origine, a volte, rimane oscura.Per capire la loro derivazione e il loro significato occorre, come sempre, fare un salto nel passato, per esattezza, nella Grecia antica.
Ebbene, attorno al 612 a.C. avanti Cristo, a Eresos, nell’isola di Lesbo, nacque, da aristocratica famiglia, la poetessa greca Saffo. Tra leggenda e storia il suo personaggio è stato ed è il portavoce per eccellenza della poesia scritta e cantata da donne sul tema erotico. Come usanza, per non dire obbligo, dei suoi tempi, ancora giovanissima, al pari di ogni altra fanciulla, Saffo fu data in sposa a un uomo, un tale Cerchila, e da lui ebbe una figlia di nome Cleis.
Tutto in regola, dunque, secondo i dettami della società, se non che quello che il suo cuore nutriva e le sue parole esprimevano era ben distante dall’amore coniugale o eterosessuale.
L’affascinante aedo aveva un debole per le fanciulle…
Avrei davvero voluto morire
quando lei mi lasciò in affannoso pianto
tra molte cose dicendomi ancora:
“Come soffriamo atrocemente, Saffo,
io ti lascio contro il mio volere.”
Ed io a lei rispondevo:
“Va’ serena e di me serba il ricordo.
Sai quanto ti ho amata.
Se mai tu lo dimenticassi, sempre
io ricorderò i bei momenti che vivemmo.”
Con questi struggenti e appassionati versi in cui ricorda e rivive le gioie di un amore tutto al femminile, Saffo salutava una fanciulla in procinto di lasciare il suo thiasos per andare sposa. Cos’era un thiasos?
Il tiaso era un gruppo, un’associazione di carattere fondamentalmente religioso di persone dello stesso sesso. Quello femminile nasceva per onorare divinità quali Afrodite, dea dell’amore e Dioniso, dio delle feste. A capo di queste aggregazioni vi erano dei membri più anziani che potevano con la loro esperienza insegnare ai giovani come pregare, come comportarsi, come crescere.
Proprio all’epoca di Saffo, prima di sposarsi le fanciulle trascorrevano un certo periodo in queste comunità per prepararsi alla vita matrimoniale. La poetessa insegnava loro la poesia, il canto, la musica e l’arte di amare. Nella riservatezza del Thiaso, dunque, le pratiche amorose tra donne erano vissute liberamente, anzi erano incoraggiate dalla società come propedeutiche ad una vita amorosa soddisfacente all’interno del matrimonio. Ovviamente, poi, al di fuori dell’ambito familiare ogni altra esperienza sentimentale e sessuale era preclusa alle donne.
Tantissime dovevano essere le fanciulle che affascinate dalla loro insegnante trascorrevano l’adolescenza all’ombra della sua genialità, attratte più che dal suo aspetto, dalla luce che emanava e dalla pienezza delle sue parole.
Cleide, Attide,Girinna, Arignota, Gongila, Dice, Anattoria… molte sono le giovani donne a cui la poetessa, sotto la protezione della voluttuosa Afrodite, rese omaggio.
Saffo fece un dono prezioso alle sue pupille: dopo averle amate tutte, le rese eterne attraverso il canto. Niente meno che cinque secoli prima di Cristo il romanticismo di una donna superò di gran lunga quello che molti uomini sarebbero, oggi, in grado di esprimere nei confronti delle proprie compagne. Dunque sappiate che nonostante oggi i termini lesbica, dall’isola in cui la famosa amante di donne nacque, e saffico, niente meno che dal suo nome proprio, siano usati con una connotazione più erotica dell’amore omosessuale femminile, in origine erano solo nomi con cui l’amore profondo e sincero tra donne, in una società culturalmente ricca ma difficile per loro, si manifestava al mondo.
“Chi un esercito di cavalieri, chi una schiera di fanti,
chi una flotta di navi dirà che sia sopra la terra nera la cosa più bella.
Io dico, ciò che si ama…”
L’amore, in qualunque sua forma, è “la cosa più bella”, parola di Saffo.