Ansie e paura sono in continuo aumento e coinvolgono ogni ambito della “grama” vita umana in questi tempi di tregenda. Persino il linguaggio parlato può incuterci sgomento. Forse riflettendoci su è possibile trovare un rimedio casalingo.
Roma – La cronaca è costituita da innumerevoli sfaccettature. Persino quelle all’apparenza banali finiscono col rivelarsi significative. È il caso del costume che analizza le mutazioni dei comportamenti, degli stili di vita e dei valori di una società. E spesso descrive in modo ficcante i tratti salienti di un determinato contesto culturale. Rientra tra questi casi atipici la fobia delle parole lunghe.
A ognuno di noi sarà capitato di non riuscire a pronunciare alcune parole. È come se la lingua si attorcigliasse puntualmente sulla solita fottutissima sillaba! In alcune persone questa difficoltà genera una vera e propria fobia, che se non trattata può portare grossi disagi nella vita quotidiana.
Chi ne è affetto, al timore di non riuscire a pronunciare le parole associa quello di essere deriso. Come tutti i fobici si è consapevoli dell’irragionevolezza della paura. Nonostante questo senza un supporto psicologico rischia di diventare una condizione invalidante.
Questa psicopatologia ha un nome che è tutto un programma. Si chiama Hippopotomonstrosesquipedaliofobia. Un nome che non è proprio un buon viatico per guarire dal disturbo. Chi ne è vittima manifesta una vera e propria repulsione verso le parole con molte sillabe.
Il nome, alla cui pronuncia bisogna sfoggiare tutto il proprio arsenale di gesti apotropaici, deriva da ben quattro parole. Dal greco hipopoto (ippopotamo), dal latino mostrum (prodigio, ma anche mostro), dal latino sesquipedali (qualcosa di esageratamente grande e dalle proporzioni inconsuete) ed infine dal greco fobia (paura, timore).
L’ansia nel pronunciare parole chilometriche ha a che fare con quel grande mistero che è il nostro inconscio. Quest’ultimo si dice essere formato da desideri repressi e esiliati lontano dalla coscienza, che possono riemergere o come fenomeni onirici o come disagio psichico.
Chi soffre di questa fobia in genere sudorazione e salivazione eccessive, battito cardiaco accelerato, tremolio. Una condizione senz’altro invalidante e pericolosa. Fortunatamente nella nostra lingua questi lemmi si contano sulle dita di una mano. Infatti usiamo perlopiù termini con otto o dieci sillabe al massimo.
Oltre a ciò l’avvento dei social ha stringato ulteriormente le parole. La comunicazione si è fatta veloce, sintetica, senza tanti fronzoli. Di contro torna alla mente Mary Poppins e l’iconico scioglilingua “supercalifragilistichespiralidoso“ o il temuto “precipitevolissimevolmente“. Altri termini che di certo mettono a dura prova chi soffre di questa fobia.
Forse un rimedio c’è. Si pensi che sono le parole corte a recare più danno all’essere umano. Basta ricordarne tre: mafia, guerra, virus!