Nel mondo dell’informatica si è sviluppata una curiosa tendenza: nell’interfaccia grafica dei sistemi operativi e software per computer sono presenti icone, oggetti, immagini collegate a specifiche funzioni.
Roma – Spesso tali icone testimoniano, in forma stilizzata, oggetti un tempo di uso continuo e, quindi, che facevano parte delle nostre abitudini. Ad esempio il floppy disk dell’icona con cui si salvano i file. La tendenza si è talmente diffusa da stabilire una relazione utilizzata oggi, dal punto di vista estetico, tra oggetti e altri di tempi passati, tanto che tra gli esperti del settore viene definita “scheumorfica”.
Letteralmente si tratta della “forma dello strumento, recipiente”. Generalmente qualunque oggetto che per caratteristiche, forma, dettagli ornamentali richiama ad un altro oggetto familiare appartenente ad un’altra epoca o ad un altro contesto. Esempi di questo tipo sono le luci elettriche in plastica o altro materiale, fatte a forma di candela di cera. Oppure i copricerchioni delle auto riproducenti i raggi di una ruota. A volte tutto questo avviene per adornare, arricchendone l’immagine, specifici oggetti che raffigurano quello di altri oggetti simili ma più ragguardevoli. A questo proposito, si possono ricordare i pavimenti in laminato con l’aspetto del parquet. I motivi per cui si fa una scelta di questo tipo sono tanti a vari. A volte è un tentativo di rispondere alla necessità di rendere comprensibile e più personale quella che per noi è una novità e, rendere più celere la diffusione riproducendo qualcosa che è già molto diffusa o, almeno, lo è stato.
Sono concetti che si trovano alla base di molta tecnologia digitale. Ad esempio, la rappresentazione stilizzata di un gatto sull’icona che ha a che fare con lo stato di salute dei nostri amici a quattro zampe. Il termine “scheumorfismo” risale alla fine del 1800, quando un archeologo inglese Henry Colley March lo definì come la capacità di alcuni manufatti antichi di conservare peculiarità costruttive di oggetti passati e precedenti. Una sorta di tendenza umana che non si può cancellare che è legata, con molta probabilità, alla dimensione del desiderio e dell’aspettativa che sono presenti in qualunque atto dell’essere umano. Oggi si indica la presenza, in un determinato oggetto, di un dettaglio ornamentale che un tempo, invece, invece, era una caratteristica fondamentale.
I casi di scheumorfismo sono tanti: ad esempio alcune leve e quadranti nelle cabine di pilotaggio degli aerei, in cui alcune funzioni già familiari ai piloti hanno rispettato l’estetica precedente anche dopo che i controlli sono diventati quasi tutti digitali. Ma non è detto che siano il risultato di scelte consapevoli: in alcuni casi si tratta di un’estetica, che, di fatto, viene ereditata senza una esplicita decisione. Il termine, oggi, è diventato di uso comune nell’ambito della progettazione di interfacce grafiche di software e sistemi operativi, seguendo il ritmo delle rappresentazioni digitali di determinati oggetti fisici.
Oggi se ne parla riferendosi alla grafica di molti programmi per computer che emulano l’estetica di oggetti fisici noti, ad esempio quei software che emulano un particolare dispositivo il comportamento di un altro, ad esempio quelli di sintesi musicale. Scheumorfismo o meno, il fatto che ci si possa trasmettere immagini, ricordi, icone che appartengono ad un’epoca passata, forse, è un modo per rimanere legati a ciò che si è stati e per non disperdere il passato che, altrimenti, rischierebbe l’oblio. E, soprattutto, bisogna stare attenti a come lo scrive o lo si pronuncia. Si fa presto a scrivere “Schemorfismo, ovvero “la forma dello scemo”!