Le aziende preferiscono i capelli bianchi: assumono più gli over 50 che i giovani

Uno studio Adapt rivela come il 75% dei nuovi assunti facciano parte della fascia d’età tra i 50 e i 64 e solo il 20% ha sotto i 35 anni.

Roma – Un mercato del lavoro molto bislacco! L’economia, secondo i numeri, sembra in ripresa. L’ISTAT (Istituto Nazionale di Statistica) ha rilevato un aumento degli occupati anche nel mese di aprile. Non ci resta che inchinarci di fronte alle ferree leggi della statistica, ma facendo le pulci alla faccenda si scopre che le aziende propendono ad assumere più over 50 che under 35. Su questa apparente stranezza ha cercato di offrire una spiegazione l’ADAPT, Associazione per gli Studi Internazionali e Comparati sul Diritto del lavoro e sulle Relazioni industriali. Trattasi di un’associazione senza fini di lucro fondata da Marco Biagi nel 2000 (il giuslavorista barbaramente ucciso dalle Nuove Brigate Rosse il 19 febbraio 2002, autore del cosiddetto “Libro Bianco” sul mercato del lavoro, in cui proponeva maggiore flessibilità), per promuovere in un ambito internazionale e comparato studi e ricerche sul lavoro.

Questo pò pò di organismo ha rilevato che su 516 mila neo lavoratori annuali, 29 mila sono compresi nella fascia d’età tra 15 e 24 anni, 84 mila tra i 25 e i 34 anni, 44 mila tra i 35 e i 49 anni, 289 mila tra i 50 e i 64 anni e 70 mila over 65. Secondo i ricercatori questo trend rappresenta una normalizzazione del mercato del lavoro, con effetti imprevedibili quando gli over 50 andranno in pensione. Il 75% dei nuovi assunti fanno parte della fascia d’età tra i 50 e i 64 e solo il 20% under 35. Dal punto di vista meramente numerico l’occupazione è in crescita, ma il fatto che il mercato del lavoro sia invecchiato pone una serie di problematiche. Gli exploit degli over 50 non riguardano solo la crescita occupazionale, ma anche il decremento della disoccupazione e inattività. 

Si tratta di comprendere le ragioni delle aziende nel rivolgersi a lavoratori non più giovani, se la scelta è il frutto della necessità o del normale rapporto tra domanda e offerte di professionalità che si incontrano sul mercato del lavoro. Finanche la distribuzione per fasce d’età è impietosa: gli over 50 sono cresciuti nel mese di aprile dello 0,2%, mentre tra i 25-34enni il calo è dello 0,5 nei confronti del mese precedente. Da qualsiasi parte si rigira la frittata, il risultato è sempre lo stesso: più assunti, ma coi “capelli bianchi” e meno giovani. Un altro aspetto molto critico è rappresentato dalla quota di giovani fino ai 34 anni con un elevato tasso di inattività, più 0,7% che, al contrario, è in diminuzione in tutte le altre fasce d’età. Gli studiosi hanno, infine, fatto… “l’oroscopo” (per modo di dire) per il futuro. Le previsioni per il 2030 indicano una crescita del 2,0% di lavoratori fino ai 34 anni d’età, il range compreso tra i 35-49 anni subirà quasi un tracollo con un calo degli occupati del 10,8%, mentre gli over 50 subiranno una lieve flessione dello 0,5%.

Per il 2040 si stima una diminuzione del 4,2% per i giovani, un calo del 10,1% per gli adulti e un forte decremento del 17,7% per gli over 50. Le stime riguardano anche il 2050, in cui praticamente si assisterà ad una sorta di falcidia che riguarderà tutte le generazioni. Infatti, la drastica riduzione sarà del 15,1% per i più giovani, del 6,5% per gli adulti e per gli over 50 del 23,7%, una vera ecatombe.

Per i più giovani, una volta edotti sulle loro… funeree prospettive, sarebbe auspicabile che gli studiosi abbiano dato… i numeri, nel senso popolare del termine, ovvero che abbiano vaneggiato al punto da sembrare fuori di sé e di parlare a vanvera. Oppure che cominciassero a compiere tutti i possibili e immaginabili gesti apotropaici conosciuti per scongiurare il pessimismo! Scherzi a parte, se può consolare bisogna confidare nel fatto che gli economisti, spesso, non ne azzeccano una come scrisse nel 2009 nel suo brillante pamphlet il giornalista Marco Cobianchi “Bluff.  Perché gli economisti non hanno previsto la crisi e continuano a non capirci niente”, che sbeffeggiava gli esperti che non previdero, nonostante i loro sofisticati modelli econometrici, la crisi finanziaria del 2008. Che orribile storia!

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