Il lavoro è, da sempre, croce e delizia dell’essere umano. Ma con l’iper connessione dei nostri tempi, e non senza la spinta del lock down del periodo pandemico, mestieri e professioni rischiano di fagocitarci in un loop fatto di operatività h24 e di impossibilità a staccare la spina, anche solo per le vacanze.
Roma – Il lavoro ha sempre rappresentato un tratto caratteristico di ogni società umana, tanto che si è soliti definirlo con un’espressione proverbiale: “Il lavoro nobilita l’uomo”. Questa frase è stata attribuita a Charles Darwin, lo scienziato inglese a cui si deve la teoria dell’evoluzione. Sul tema, col tempo, si sono sviluppate riflessioni ironiche come quella di origine popolare: “Il lavoro nobilita l’uomo e lo rende simile alle bestie” o quella, più arguta, “Il lavoro nobilita l’uomo e arricchisce qualcun altro”.
Nella società ipertecnologica come quella in cui viviamo, il lavoro è diventato un totem che pervade e avviluppa tutta la vita fino alla fine. Secondo un recente sondaggio, il 91% dei lavoratori europei ha dichiarato che il proprio lavoro è diventato totalizzante, tanto da non avere tempo libero. La malattia si è talmente diffusa che il 62% ha affermato di aver lavorato anche in vacanza. Questo aspetto si è esacerbato col cosiddetto “lavoro a distanza” che ha avuto l’impennata durante la pandemia, rendendo ancora più labili il “tempo del lavoro” e quello “ludico”.
Oggi, a questo proposito, si parla di Guilty Vacation Syndrome, che viene definita in un duplice modo. Il primo: “l’impulso assillante di annullare o ritardare una vacanza a causa del senso di colpa per il lavoro che altrimenti non si potrebbe svolgere”. Il secondo: “il bisogno insistente di lavorare anche durante il proprio time-off”. La sindrome preferisce le donne (67% contro il 59%) e si fa più insistente nei ruoli dirigenziali.
Ma non staccare la spina, nel senso di dimenticare il lavoro per il periodo di vacanza, genere problemi non di poco conto. Uno di questi, a lungo termine, è il burnout, locuzione inglese che letteralmente vuol dire “esaurito” o “scoppiato”. L’Organizzazione Mondiale della Sanità la definisce “una sindrome derivante da stress cronico associato al contesto lavorativo, che non riesce ad essere ben gestito”.
Prendersi delle pause dal lavoro fa bene alla salute, lo sentenzia la Scienza. Si riduce l’ansia da prestazione, lo stress, crescono le relazioni interpersonali con amici e familiari e, anche, la salute fisica ne trae giovamento. Infatti, cala la produzione di sostanze chimiche neurologiche che possono avere effetti negativi sulla persona.
La mancata pausa vacanziera rende meno efficaci sul lavoro. Al contrario, stare lontani dal lavoro stimola la nostra creatività ed estende le prospettive personali. Ora, se ciò corrisponde al vero, ci si meraviglia come non sia lo stesso management aziendale ad invitare ad andare in vacanza…