Se non paghiamo gli arretrati e non si investe in Tunisia, ci pare di capire, gli sbarchi non si arresteranno perchè i tunisini non sanno dove andare per trovare un lavoro. Un ricatto vero e proprio a cui l'Italia non può sottostare. Nel silenzio assoluto dell'Europa.
Lampedusa – All’epoca del buon Bettino Craxi, o giù di lì, si parlava di quando si lasciavano ai tunisini i nostri pescherecci carichi di pesce per evitare rogne e farsi restituire le navi d’altura sequestrate. Insomma una forma di pizzo a buon mercato che finiva lì, sino al prossimo carico di pesce spada e tonni. Nel 2011 con Berlusconi, amico dell’ex presidente del Consiglio sepolto ad Hammamet, le cose sono cambiate. Alle autorità tunisine non andavano più bene le decine di tonnellate di pescato fresco rubate alla marineria siciliana. Stavolta volevano i soldi ed il Cavaliere pare non se lo sia fatto ripetere due volte assegnando al governo di Tunisi diverse centinaia di migliaia di euro che il Bel Paese avrebbe corrisposto sino al 2017 quando avrebbe smesso di versarli al Paese della Quarta Sponda acculando un debito pari e circa 3 milioni di euro.
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A parlarne in maniera assai spregiudicata e il parlamentare Sami Ben Abdelaali, che molti siciliani ricorderanno come consulente dell’allora presidente della Regione isolana Rosario Crocetta che in Tunisia è di casa. Il politico è sbarcato a Lampedusa convinto di poter entrare nell’hot-spot locale per far visita ai suoi connazionali. Il ministero dell’Interno italiano però gli avrebbe sbarrato il passo ma, in serata, Sami Ben incontrava altri connazionali che gli denunciavano presunte carenze igieniche, letti sporchi di escrementi, razioni di cibo scarse ed altre manchevolezze all’interno del centro di accoglienza. Il parlamentare, forse infastidito, ha iniziato a straparlare come un fiume in piena specie per quanto attiene i veri motivi degli innumerevoli sbarchi:
“…Il motivo principale è il decreto di regolarizzazione dei cittadini extracomunitari – ha detto l’uomo politico – non ci è stata fatta una comunicazione adeguata in Tunisia per far capire che questo atto riguarda solo chi si trovava in Italia prima dell’8 marzo. Le organizzazioni criminali fanno arrivare la notizia che c’è questa regolarizzazione, quindi la gente parte. Pagano fino a 10mila euro per la regolarizzazione di falsi contratti di lavoro. Quindi c’è un business intorno a questo decreto che è stato fatto in estate, nei mesi in cui è più facile arrivare…”.
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La malafede è palese e l’ombra del ricatto pare chiara quando Sami Ben Abdelaali parla di che cosa fa il suo governo per arginare quello che ormai è diventato un esodo di massa. Le sue parole sono palesi, com’è lampante l’intento del suo presidente:
“…C’è stato un grande intervento del presidente della Repubblica – ha riferito il rappresentante tunisino – martedì scorso hanno cercato di fermare questa emorragia di clandestini in partenza dai porti di Sfax e Madia (ieri i direttori dei due approdi sono stati rimossi ndr). Però noi non siamo in condizione di controllare tutta la costa perché sono centinaia di chilometri e non abbiamo né i mezzi, né gli strumenti per poterlo fare. L’Italia nel 2011, sotto al governo Berlusconi, si è impegnata per darci degli aiuti. Questi accordi non sono stati mantenuti. Dal 2017 l’Italia non versa le quote di oltre 3 milioni che doveva darci... Il ministro Lamorgese è venuta di recente e il nostro presidente ha recepito le richieste e ha cercato di sensibilizzare i vertici delle autorità marittime per chiedere uno sforzo maggiore, usando anche l’esercito per fermare i clandestini… Come dice il presidente, bisogna trovare soluzioni legali e dare la possibilità all’interno di un accordo per agevolare questi soggetti ad andare altrove perché se non c’è la possibilità di lavoro in Tunisia, bisogna trovare un’opportunità per queste persone per trovarlo da altre parti…”.
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Insomma o si mette mano al portafogli e si investe in Tunisia cosi da assumere migliaia di lavoratori sennò ce li ritroveremo in Sicilia in cerca di una qualsiasi sistemazione in uno dei tanti comparti su cui insistono sanatorie e privilegi per i migranti. Che vi piaccia o no:
“…L’Italia insieme all’Europa perché l’Europa ha un ruolo determinante in questo – conclude Sami Ben Abdelaali – bisogna anche aiutare, intervenire in loco, direttamente in Tunisia con dei progetti di partenariato, al posto di spendere milioni in accoglienza. Spendiamo questi soldi per lasciare i tunisini nel loro Paese. E questo si può fare solo attraverso un tavolo tecnico di dialogo tra l’Italia e la Tunisia, perché c’è grande disponibilità da parte del mio Paese a trovare una soluzione con l’Italia, che è un alleato strategico e un partner privilegiato…Abbiamo bisogno subito di motovedette, tecnologia, radar, tutta una serie di cose per controllare centinaia di chilometri di coste...“. Insomma un ricatto bello e buono, un’intollerabile minaccia. Svelato il mistero.