L’algoritmo irrompe in cucina, il 70% dei ristoratori renderà operativa l’IA

Lo dice l’Osservatorio Ristorazione nel report annuale: l’esempio della fast food lombarda, Pane&Trita con l’hamburger tecnologico.

Roma – L’algoritmo irrompe in cucina! Gli adoratori della tecnologia avevano pensato che l’Intelligenza Artificiale (IA), ci avrebbe avviato verso una nuova era ricca di soddisfazioni nel campo della ristorazione. Seconda questa visione, i prompt, quei simboli che compaiono sui video per segnalare che il computer è pronto a ricevere il successivo comando, avrebbero dovuto accentuare la goduria del cibo. Ma è proprio vero? Non è fantascienza, ma realtà, trovare locali senza personale, con robot al loro posto e con le ordinazioni che si effettuano col riconoscimento facciale. Una sorta di moderno “paese della Cuccagna”, un luogo ideale, ricordato nella letteratura per ragazzi di ogni epoca, in cui il benessere, l’abbondanza e il piacere erano alla portata di tutti.

Non si comprende bene dove e come ci possa essere goduria se vengono abolite, in contemporanea, vista, tatto, gusto e olfatto. Manca solo l’udito e poi l’elenco dei cinque sensi sarebbe completo. E stiamo parlando di “sistemi intelligenti” a base algoritmica in grado, in teoria, di imitare i comportamenti umani. Se non lo fossero, chissà cosa avrebbero abolito. O forse no! Eppure, si dice che nel corso di quest’anno, i ristoranti potrebbero introdurre, per meri scopi di business, nuove tecnologie per vari servizi di supporto. Secondo le previsioni dell’Osservatorio Ristorazione, un report annuale di analisi, ricerche e studi del settore, nel corso del 2024 il 70% dei locali provvederà a rendere operativa l’uso dell’IA.

Già l’algoritmo di una catena di fast food lombarda, Pane&Trita, ha immaginato il nome dell’hamburger tecnologico: Cyber Burger. Non è che ci volesse una gran fantasia, ma tant’è! Nei ristoranti di un certo livello, finora, l’algoritmo ha deluso un po’ le aspettative, dimostrandosi più un elemento di supporto che ideativo. Eppure a Sydney, un ristorante, per una settimana, è stato interamente trasformato dall’IA per quanto riguarda il progetto e l’offerta food. I prodotti finali, sono stati, tuttavia, rifiniti dall’Executive Chef. Come sono numerose le ricette sbagliate o campate in aria. E poi bisogna stare attenti a non rimetterci le penne. Come nel caso di una donna statunitense che, fidandosi di una ricetta dell’algoritmo sulla cottura del maiale, il cui tempo era inferiore al consueto, è stata vittima di un’infezione batterica.

Altrettanto clamoroso è stato il caso di una catena di supermercati neozelandesi, la cui idea, lodevole, è stata quella di rivolgersi all’IA per preparare ricette antispreco con gli ingredienti locali. Il risultato è stato terrificante: panini al veleno di formica, patate alle zanzare e poi, il colpo finale, cocktail con candeggina e cloro. L’algoritmo, avrà, forse…alzato il gomito! Ma la cucina è frutto dalla passione, creatività, abnegazione, di chi ci lavora e l’algoritmo annulla queste caratteristiche, al momento, a svantaggio sia dell’operatore che del cliente. Affidarsi completamente alla tecnologia è come consegnarsi a vivere una situazione quasi alienante.

E non è quello a cui si aspira quando si va in un locale per stare in compagnia, in un clima di convivialità. Perché il ristorante è anche luogo di atmosfere e queste possono solo essere frutto delle persone, giammai dell’intelligenza, seppur artificiale! Sono quelle sensazioni fatte di attimi, di sguardi che si incrociano, di linguaggio non verbale. Tutte peculiarità irriproducibili e irreversibili.

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