La spinosa questione del nucleare iraniano

Il 23 giugno l’aviazione a stelle e strisce attuava l’operazione “Martello di mezzanotte”, bombardando i siti di ricerca atomica nel cuore dell’Iran. Particolare attenzione al sito di Fordow, additato dell’intelligence come luogo di arricchimento dell’uranio a scopi bellici.

La crisi nucleare iraniana è tornata al centro della scena internazionale, riaccendendo le tensioni con Stati Uniti e Israele. Dopo anni di colloqui infruttuosi, accuse reciproche e un programma nucleare che pare avanzare a ritmi allarmanti, l’Iran ha minacciato concretamente di abbandonare l’AIEA (Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica), l’organismo dell’ONU deputato al controllo del nucleare civile. Una mossa che, se attuata, rischierebbe di scuotere gli equilibri del Medio Oriente e non solo.

Un programma troppo opaco

Secondo l’ultimo rapporto confidenziale dell’AIEA trapelato a giugno, l’Iran ha accumulato uranio arricchito ben oltre i limiti previsti dall’ormai defunto accordo del 2015 (JCPOA – Joint Comprehensive Plan of Action). L’uranio arricchito al 60%, un passo tecnicamente breve dal 90% necessario per fini bellici, è oggi una realtà nei depositi iraniani. In seguito alle prime dichiarazioni allarmistiche, il presidente dell’AIEA Rafael Mariano Grossi corregge leggermente il tiro, affermando che comunque lo sviluppo dell’ordigno nucleare da parte dell’Iran avrebbe richiesto ancora diverso tempo. La precisazione arriva decisamente troppo tardi: il 23 giugno gli Stati Uniti bombardano i siti nucleari Iraniani.

La base di Fordow in fiamme

Dal canto suo Teheran giustifica le sue attività come risposta alle sanzioni unilaterali statunitensi reintrodotte dopo il ritiro di Washington dal JCPOA nel 2018 sotto l’amministrazione Trump. Da allora, infatti, la cooperazione con l’AIEA è andata progressivamente deteriorandosi, culminando nella minaccia più radicale: l’uscita definitiva dall’agenzia, minaccia che ora, più che mai, sa di promessa.

La reazione di USA e Israele

Washington ha risposto con fermezza. Il Dipartimento di Stato ha avvertito che l’uscita dell’Iran dall’AIEA rappresenterebbe “una dichiarazione di ostilità contro la comunità internazionale” e ha lasciato intendere che tutte le opzioni, inclusa quella militare, restano sul tavolo.

Israele, da sempre contrario all’accordo sul nucleare iraniano, ha indurito i toni. Il primo ministro, in un recente discorso, ha definito “imminente” la necessità di un’azione preventiva per impedire che l’Iran si doti dell’arma atomica. Una dichiarazione decisamente inquietante, considerando che secondo fonti dell’intelligence israeliana, l’Iran potrebbe raggiungere la capacità tecnica per costruire una bomba in meno di un anno.

Scenari e implicazioni di un’uscita dall’AIEA

L’uscita dall’AIEA segnerebbe una cesura storica: l’Iran si sottrarrebbe definitivamente al regime di ispezioni internazionali, eliminando l’unica fonte di trasparenza ancora esistente sul suo programma nucleare. Questo scenario riaccenderebbe lo spettro di una corsa agli armamenti nella regione, spingendo forse altri Paesi come Arabia Saudita o Turchia a considerare lo sviluppo di capacità nucleari proprie.

Rafael Mariano Grossi, presidente Aiea

La ritorsione promessa dall’Iran potrebbe rappresentare anche un duro colpo al multilateralismo, baluardo dell’equilibrio mondiale, andando a delegittimare di fatto gli strumenti diplomatici in favore della logica della forza. In assenza di un quadro legale vincolante, gli attori regionali potrebbero scegliere soluzioni unilaterali. Israele, in particolare, potrebbe decidere di agire militarmente contro i siti nucleari iraniani, come già avvenuto in passato in Iraq (1981) e in Siria (2007). Alcuni direbbero nulla di nuovo all’orizzonte, ma non è proprio così.

Prospettive: tra diplomazia e deterrenza

Nonostante i toni accesi, alcuni segnali indicano che i canali diplomatici non sono del tutto chiusi. L’Unione Europea continua a mediare dietro le quinte, mentre Paesi come Cina e Russia, storici alleati di Teheran, cercano di mantenere l’Iran nell’ambito dell’AIEA, pur difendendone le rivendicazioni contro le sanzioni occidentali.

Donald Trump e Ali Khamenei, nemici giurati

Resta il fatto che il programma nucleare iraniano si sta trasformando sempre più in una leva strategica, più che in uno strumento civile. In un Medio Oriente segnato da nuove alleanze, conflitti congelati e rivalità ideologiche, la soglia del nucleare potrebbe diventare il punto di non ritorno.

Facebook
Twitter
LinkedIn
WhatsApp
Email
Stampa