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La natalità ha bisogno di nuovi modelli e meno paure. La ricerca di Magna Carta

Sono tanti i fattori che concorrono a determinare il record negativo sul fronte della demografia, dal contesto economico a quello culturale.

Roma – E poi dicono che non si fanno figli!… La denatalità e l’invecchiamento della popolazione sono i due fattori che denotano la tendenza delle società avanzate. “Non è il momento” è il refrain recitato dai giovani, ogni qualvolta viene loro chiesto se in futuro sono orientati a diventare genitori. Un domani che non si sa quando avverrà, perché confuso è il contesto in cui sono immersi, precario dal punto di vista lavorativo e poi affettivo. A furia di dire “non è il momento” l’asticella dell’età per avere un figlio si è alzata sempre di più e, a volte, in maniera consistente. Questi ostacoli, che vengono frapposti ai giovani sulla loro crescita umana e professionale, sono esplicativi dei bassi tassi di natalità che, da un po’ di tempo stabiliscono record in negativo. Inoltre, rappresentano un grande allarme per la solidità del nostro sistema sanitario e di welfare state.

La fondazione Magna Carta – un centro studi per la ricerca scientifica, la riflessione culturale e l’elaborazione di proposte sui grandi temi del dibattito politico, di ispirazione liberal-conservatrice – ha presentato, il 21 giugno scorso i risultati della ricerca “Per una Primavera demografica”, per indagare le cause profonde della denatalità e avanzare una serie di proposte per invertire il trend negativo delle nascite. E’ emerso che, oltre alle summenzionate motivazioni di ordine socio-economico, anche le limitazioni legate alla carriera e al tempo personale determinate dalla nascita di un figlio, costituiscono un ostacolo per avere dei figli. Un chiaro atto di accusa per la mancanza di una rete di supporto, pubblica e privata, associata alla carenza di una sicurezza collettiva che possa offrire ausilio alle difficoltà familiari. In termini prosaici, comunque non si fanno figli “perché costano”.

Una parte dello studio ha riguardato il welfare aziendale sul tema della natalità. Il 75% delle aziende ha ritenuto efficace la politica del “lavoro ibrido”, in parte da casa con lo smart working e in parte in ufficio. Così come il part time e la flessibilità oraria. Inoltre, l’organizzazione di campi estivi a favore dei figli dei dipendenti e di corsi e servizi di consulenza per i genitori. Ed ancora, servizi di babysitting ai dipendenti, congedi di paternità e incentivi economici. Tra le proposte avanzate dalla Fondazione, è da segnalare la valorizzazione dell’esperienza degli asili nido diffusi o di prossimità, una sorta di sinergia tra aziende, territorio e strutture educative. I dipendenti avrebbero diritto di precedenza sulle iscrizioni nelle strutture selezionate dalle aziende, in modo da evitare le note difficoltà che ci sono in questi casi e di avere tariffe agevolate.

Un’altra proposta è costituita dall’abbattere in parte, o totalmente, il costo dei centri estivi attraverso iniziative pubblico/private e con quote da versare in base al reddito familiare, sponsor e borse di studio per i bambini e adolescenti più svantaggiati, cofinanziate con donazioni private e col finanziamento collettivo. Per quanto riguarda il congedo parentale, si pensa di stabilizzalo con indennizzi all’80% e di durata almeno trimestrale. Le aziende che attuano concrete misure a favore della genitorialità, andrebbero sostenute con una politica di decontribuzione. Lo smart working andrebbe consolidato attraverso un orario di lavoro agile e flessibile, alternando lavoro da casa ed in ufficio. Infine, secondo la Fondazione, bisogna allargare gli orizzonti nel lungo periodo, avere una visione di sistema e non parziale.

L’incremento della natalità non deve essere considerato un costo ma una risorsa e per fare ciò va attuata una collaborazione tra istituzioni, territori ed aziende per valorizzare la maternità e la paternità e sostenere, comunque, l’aspirazione di diventare genitori dei giovani. Bel programma, non c’è che dire. Bisogna vedere se in un contesto politico come quello italiano, si riesce a realizzarlo. E poi sulla carta tutto è perfetto, in pratica poi!

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