La psicologia mette a nudo i rischi che corrono i più piccoli rinchiusi in un mondo virtuale, senza gli antidoti contro i timori della vita.
Roma – La moderna psicologia sociale, da qualche tempo, ritiene che l’uso compulsivo dei social produce ansia tra gli adolescenti e, finanche, tra i bambini. Per questi ultimi è stato rilevato che il fatto di non, rispetto al passato, giocare per strada è un aspetto che può determinare problemi psichici. Perché quando si gioca, si assumono dei rischi che aiutano a scoprire il mondo, un aspetto indispensabile per lo sviluppo di quegli antidoti contro l’ansia e il timore di affrontare un mondo sconosciuto. Il responsabile potrebbe essere la diffusione dei device tecnologici con cui i bambini si sono disabituati al gioco.
Da quando la tecnologia è diventata sempre più sofisticata, la salute mentale è peggiorata. Inoltre, pare che a subire gli effetti più devastanti siano gli adolescenti benestanti, per cui l’uso dei social non peggiora solo la salute mentale, ma ne viene considerato la causa. Questo accade in quanto si verifica una riduzione della vita sociale che, a sua volta, priva delle adeguate ore di sonno, da cui scaturiscono ansia, irritabilità, abbassamento della soglia d’attenzione. A patire queste condizioni sono maggiormente le ragazze, Si è ipotizzato che a influire sono la sessualità, l’estetica e la cura del corpo. Infatti. L’immagine che spopola sui social è quella di ragazze con zigomi alti, labbra rifatte e mascelle squadrate. Ad esserne sedotte sono proprio le adolescenti più fragili. Già vittime, tra l’altro, di disturbi alimentari e dell’immagine. Fino all’avvento della tecnologia si riteneva che i ragazzi manifestassero le proprie personalità con l’aggressività e le ragazze con le relazioni. Al contrario, in ambito digitale, sono le ragazze ad essere più bellicose. Sono numerosi, infatti, i casi di mettere alla gogna chi viene considerato un avversario, oltraggiando pubblicamente, con tutti gli effetti nocivi del caso.
Non ci si deve, tuttavia, stupire molto delle conseguenze dei social, perché sono figli di una cultura che si è sedimentata negli anni basata sulla contrapposizione frontale. L’opinione contraria era da bandire con il biasimo più manifesto. O si era con noi o contro. Facebook e Instagram hanno rappresentato la massima espressione dello spazio pubblico reso virtuale. Sui cui si è scatenato il peggio. Sostenere che i social siano negativi è inutile, perché la loro crescita inarrestabile continuerà sine die, quindi ci sono e vanno affrontati. E’ vero che costituiscono una vera e propria “dipendenza”, da cui non è facile liberarsi, perché staccarsi fa star male. Tuttavia, dei tentativi vanno fatti per limitarne l’uso in alcune fasi della vita, l’infanzia e l’adolescenza ed in certi ambienti, la scuola, senza criminalizzarli ma con la consapevolezza sia dei benefici che degli effetti negativi. Non tutta la comunità scientifica è d’accordo sulle conseguenze nocive dei social sulla salute mentale, ma la maggioranza ritiene che proporre a dei bambini e ragazzi degli aggeggi super tecnologici, non è proprio una proficua idea. E di lasciarli, invece, ai loro giochi e relazioni, in maniera da vivere il mondo reale e non trasportarlo in quello digitale, come avviene oggi.
Ecco, le possibilità per agire ci sono e vanno intraprese, non resta che cercare il giusto equilibrio. Affinché bambini e ragazzi non vivano le esperienze basilari e formative della vita su uno schermo, sono necessari interventi a vasto raggio. Ad iniziare dalle istituzioni politiche e da tutte le agenzie educative formali e non, scuola, famiglia, associazioni ricreative e culturali, parrocchie, in sinergia abbiano uno e un solo scopo: evitare che diventino dei zombi davanti ad uno schermo dello smartphone!