Questa tipologia di criminalità organizzata sta dilagando a macchia d’olio in diverse regioni della Penisola. E rischia di entrare in concorrenza diretta con mafia, camorra e ‘ndrangheta. Adepti e sodali sono violenti, spietati e intolleranti nei riguardi di chi tradisce o commette uno sgarbo. In questi ultimi tempi tra woodoo e computer i mafiosi del Niger hanno alzato il tiro.
Roma – Poteva sembrare una normale notizia di cronaca nera. Giovane nigeriano ritrovato cadavere massacrato di botte. Ma c’è di più. Il giovane ha avuto il coraggio di denunciare la mafia nigeriana che lo sfruttava come questuante, costringendolo con ricatti, minacce e violenze continue.
I volontari dell’organizzazione bolognese Papa Giovanni XXIII avevano protetto e tolto il giovane dalla strada, garantendogli protezione grazie alle istituzioni contro il pericolo di ritorsioni sul teste. Misure che purtroppo non sono bastate a evitare la tragedia.
Nell’ultimo decennio la criminalità nigeriana in Italia è cresciuta e si è diffusa in numerosi settori, al punto da detenere il primato per associazione mafiosa. Ha marginalizzato la concorrenza albanese e serba e ha raggiunto il monopolio in forme organizzate di attività come l’accattonaggio, la prostituzione e lo spaccio con la spietatezza della più feroce mafia. Arriva addirittura a reclutare disabili in Nigeria per inserirli a forza nel giro della raccolta di elemosina, mentre le donne sono destinate alla prostituzione di strada.
Nelle relazioni della Polizia, il modus operandi del modello nigeriano viene paragonato a quello della ‘ndrangheta. Si è radicato nel territorio con organizzazioni e coperture insospettabili. Da qui la difficoltà nello sradicare questa rete primaria criminale di stampo mafioso.
Il Rapporto nazionale sulla criminalità nigeriana in Italia già nel 2007 parlava chiaro:
“…I gruppi nigeriani hanno sempre pervaso le proprie attività di ritualità magiche e fideistiche che, unite al vincolo etnico e alla forte influenza nella gestione da parte delle lobby in madrepatria, costituiscono un fattore di coesione molto elevato e una forma di assoggettamento psicologico molto forte.
Un ruolo preciso svolgono le numerose associazioni etniche pseudo–assistenziali, che fungono spesso da copertura per attività illegali.
La criminalità nigeriana è permeata infatti da uno spiccato associazionismo, in cui interagiscono centri di interesse (professionale, etnico, universitario, religioso, settario, sportivo, umanitario), che può assumere in taluni casi connotazioni tipicamente “mafiose”. Le espressioni criminali sono supportate in modo causale e strumentale da network parimenti criminogeni, anche se attinenti a lobby, matrici etnico–religiose e centri di potere trasversali…“.
L’organizzazione nigeriana agisce con strategie di sopraffazione, attacca in gruppo i rivali, è unita e si muove con tempismo e sinergia elevati. Difatti i gruppi di altre nazionalità, come quelli rumeni, albanesi e serbi, hanno via via perso la leadership e sono stati esclusi da tutti i settori criminali.
Ripristinare la legalità è possibile iniziando a spodestare un dominio territoriale comprovato e questo richiede sforzi congiunti tra le forze di polizia, investigative e giudiziarie. Purtroppo cinquanta anni fa non siamo riusciti a istituire il poliziotto di quartiere, sebbene fosse stato proposto con forza in Parlamento. Il problema è che il fattore tempo accresce la forza di reclutamento, organizzativa e finanziaria della criminalità nigeriana che non ha timore di affrontare in gruppo le volanti e non si fa scrupoli a sezionare i cadaveri delle vittime per occultarli più rapidamente e far perdere le proprie tracce.