In Italia dibattito alla Camera, mentre in una lettera aperta, gli esperti esortano le istituzioni Ue a sostenere gli obiettivi della direttiva quadro sulle acque.
Roma – Da Roma a Bruxelles, la guerra contro i Pfas, nemici dell’ambiente e della salute, è appena iniziata. Mentre alla Camera si discutono le mozioni sulle tanto temute sostanze perfluoroalchiliche, c’è un gruppo di oltre 450 scienziati che chiede a gran voce all’Unione europea di “aggiornare rapidamente i suoi standard sull’inquinamento delle acque per affrontare la crescente minaccia dell’inquinamento chimico, compresi i Pfas negli ecosistemi di acqua dolce europei”. In una lettera aperta, gli esperti esortano la Commissione europea, gli Stati membri dell’Ue e il Parlamento europeo a “dare priorità allo stato delle acque dolci europee nei prossimi negoziati di trilogo e a sostenere gli obiettivi ambientali della direttiva quadro sulle acque”.
Gli “habitat di acqua dolce e costieri sono hotspot vitali di biodiversità – affermano gli scienziati – che forniscono servizi essenziali come acqua potabile, cibo e attività ricreative. Tuttavia, l’attività umana, spiegano gli esperti, “ha gravemente degradato questi ecosistemi, con popolazioni di specie di acqua dolce in calo dell’85% dal 1970 a causa della perdita di habitat e dell’inquinamento”. Oggi, meno della metà dei bacini idrici europei è in buona salute e dal 2010 si è registrato un piccolo miglioramento nello stato delle acque dolci. L’ultimo sondaggio dell’Eurobarometro ha mostrato che il 78% degli europei è preoccupato per l’inquinamento delle acque e per l’impatto delle sostanze chimiche sulla propria salute e sulla propria vita quotidiana e desidera un’azione più incisiva a livello Ue. La WFD, adottata nel 2000, rimane la legge principale dell’Ue per la protezione degli ecosistemi costieri e di acqua dolce attraverso un approccio integrato alla gestione delle acque.

Ma gli scienziati sostengono “che le misure di monitoraggio, segnalazione e controllo dell’inquinamento delineate nella WFD devono essere aggiornate per riflettere l’attuale portata dell’inquinamento chimico e i suoi impatti sulla biodiversità acquatica”. Le attuali pratiche di monitoraggio “si concentrano su un elenco limitato e obsoleto di inquinanti, non tenendo conto delle complesse miscele chimiche che spesso si verificano nei fiumi europei, anche quando singole sostanze sono considerate sicure”, spiegano gli esperti nel documento. Gli scienziati accolgono “con favore” l’aggiornamento in corso della WFD e delle direttive correlate, ma sottolineano “la necessità di un’azione normativa per implementare nuovi strumenti scientifici, come il monitoraggio basato sugli effetti e lo screening non mirato. Questi strumenti possono aiutare a valutare l’impatto cumulativo delle sostanze chimiche sulla vita acquatica, ma richiedono un’adeguata integrazione nelle normative Ue”.
Gli scienziati sottolineano che “sebbene l’aumento degli sforzi di monitoraggio richieda investimenti, i costi dell’inazione (perdita di biodiversità, contaminazione dell’acqua potabile e necessità di costose bonifiche) superano di gran lunga la spesa”. Dunque esortano “i decisori politici Ue ad adottare standard aggiornati sull’inquinamento delle acque, garantendo la protezione degli ecosistemi di acqua dolce europei per le generazioni future”. Da Bruxelles fanno sapere che “la modernizzazione” del regolamento Ue Reach sulle sostanze chimiche “arriverà entro la fine dell’anno” mentre la stretta annunciata da Bruxelles sulle sostanze perfluoroalchiliche, note come sostanze Pfas, non arriverà prima del prossimo anno. Lo ha confermato la
commissaria Ue per l’Ambiente, Jessika Roswall, in una intervista a un gruppo di media, compresa l’ANSA.

“Cercheremo di stabilire il divieto degli Pfas nei prodotti di consumo” ma “dobbiamo anche essere consapevoli che ci sono materiali, prodotti e cose di cui abbiamo davvero bisogno” che li contengono “come gli inalatori o beni essenziali per l’industria della difesa. Dobbiamo trovare un modo per limitare l’uso di
queste sostanze in quelle produzioni”, ha sottolineato la commissaria, secondo cui la stretta servirà soprattutto a dare “chiarezza all’industria” per poter investire. Le sostanze perfluoroalchiliche Pfas sono composti chimici utilizzati in campo industriale per la loro capacità di rendere i prodotti impermeabili all’acqua e ai grassi. Dagli anni ’50 vengono impiegati per la produzione di numerosi prodotti commerciali: impermeabilizzanti per tessuti; tappeti; pelli; insetticidi; schiume antincendio; vernici; rivestimento dei contenitori per il cibo; cera per pavimenti e detersivi.
Greenpeace si appella al Parlamento per chiedere che le forse politiche si schierino per il divieto all’uso e alla produzione di queste sostanze e che introducano limiti più bassi per la loro presenza nelle acque potabili. “Nonostante le prove scientifiche sui gravi danni alla salute causati da alcuni Pfas riconosciuti come cancerogeni, e la contaminazione diffusa delle acque potabili italiane, l’esecutivo guidato da Giorgia Meloni ha finora ignorato questa emergenza, fallendo nel proteggere adeguatamente la salute pubblica e l’ambiente”, denuncia Giuseppe Ungherese, responsabile della campagna Inquinamento dell’associazione.

Legambiente Veneto sottolinea che “oggi queste sostanze sono conosciute per la contaminazione ambientale che hanno prodotto negli anni proprio a causa della loro stabilità termica e chimica, che le rendono resistenti ai processi di degradazione esistenti in natura: fotolisi, idrolisi, degradazione biotica aerobica e anaerobica. Oltre alla tendenza ad accumularsi nell’ambiente, i PFAS persistono anche negli organismi viventi, compreso l’uomo, dove risultano essere tossici ad alte concentrazioni. Data la loro capacità di accumularsi negli organismi, la concentrazione di PFAS è bioamplificata man mano che si sale lungo la catena alimentare. Infatti, considerando che l’esposizione dell’uomo ai PFAS avviene principalmente per via alimentare, per inalazione e ingestione di polveri, una volta che queste sostanze entrano nell’ambiente per contaminazione dell’acqua entrano nella catena alimentare attraverso il suolo, la vegetazione e le coltivazioni, gli animali e quindi gli alimenti”.