La fuga del ceto medio nelle periferie: la tendenza da Milano a Roma

In crescita l’acquisto di immobili nell’hinterland: la città diventa sempre più meta di lavoro, con i pendolari che preferiscono viaggiare.

Roma – La fuga del ceto medio dalla grande città. Il ceto medio, che in generale, è composto da tutti quei gruppi sociali che si collocano, per reddito o prestigio, in posizione intermedia nella gerarchia sociale, tra la classe superiore o, i cui caratteri mutano a seconda delle epoche (aristocrazia, proprietari terrieri, borghesia industriale, finanziaria, professionale) e le classi inferiori, sta scappando dalle grandi città per stabilirsi in periferia. Almeno per quanto riguarda l’acquisto di immobili. Ciò che sembrava un fatto estemporaneo si è trasformato in tendenza. La causa principale è costituita dalla crescita dei prezzi nelle città, ma anche dal tentativo di mantenere il proprio tenore di vita. Questa sorta di emigrazione forzata produce degli effetti sia sulle città di origine che nell’hinterland.

Gli acquisti degli immobili nell’aree periferiche è in continua crescita in tutte le maggiori città italiane. A Milano solo il 50% degli acquisti riguarda la città. A Roma, in cinque anni si è passati dal 7,6% a 14,3. Napoli, addirittura dal 16,0% a quasi il 25% nello stesso lasso di tempo. Verona in un anno è passata dall’11,1% del 2022 al 36,2% del 2023. Torino e Bologna essendo già con percentuali molto alte di acquisto nell’hinterland costituiscono un’eccezione, così come Genova e Palermo, con mercati immobiliari diversi dalla media nazionale. Questi dati sono stati diffusi dal “Tecnocasa”, uno dei maggiori gruppi di intermediazione immobiliare italiani. La tendenza alla fuga dalla città è stata confermata dall’ISTAT (Istituto Nazionale di Statistica), nel suo report sulle “aree interne”.

Nell’ultimo decennio le città e le aree limitrofe hanno registrato un calo della popolazione. In questo lasso di tempo, la popolazione è diminuita del 2,25%. Nelle città c’è stato una flessione dell’1,5%, nelle periferie dell’1,3%. Malgrado la decrescita demografica, comunque l’hinterland cresce di più. Per spiegare questi mutamenti, c’è da sottolineare che negli ultimi 30 anni il prezzo medio delle case è cresciuto 14 volte più degli stipendi (dati OCSE). E’ comprensibile, quindi, che il ceto medio per mantenere il proprio livello sociale, è costretto a rifuguarsi nellae eree suburbane. Questo processo produce degli effetti. In primis, chi si sposta in periferia, con molta probabilità continuerà a lavorare in città. Dovrà, quindi, trasformarsi in pendolare, per cui è necessario un sistema di trasporti all’altezza. Quasi sicuramente uno scenario del genere provocherà più traffico stradale e nei sistemi di trasporto pubblico e, quindi, più stress. Ovvio pensare a maggiori investimenti in questi settori.

La città potrebbe trasformarsi come meta solo di lavoro, con una diminuzione dell’indotto per il settore dei servizi locali, che potrebbero avere clienti in meno. Il lento, ma costante, calo della popolazione cittadina potrebbe innescare un cambiamento del mercato immobiliare, con l’aumento degli affitti brevi, per cui ci sarà un calo della disponibilità di abitazione. Processo, peraltro, già in atto in alcune città. I comuni dell’hinterland potrebbero essere vittime di un duplice effetto. In primo luogo la crescita di famiglie con buon reddito in zone più proletarie potrebbe da vita al fenomeno della “gentrificazione”, ovvero un amento dei prezzi di beni e servizi. Oppure, al contrario, diventare dei dormitori, dove si abita ma non si vive, perché le relazioni sociali e lavorative solo altrove. Questo scenario non produrrebbe servizi adeguati, ma potrebbe favorire la povertà e il degrado!

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