Lo dice il VII Rapporto sulle libere professioni in Italia: drastico calo degli avvocati, mentre sono in forte crescita gli influencers.
Roma – Il Belpaese non è a misura dei liberi professionisti. La crisi economica che attanaglia il Paese, oltre ad essere avvertita dalle famiglie quando vanno al supermercato e pagano le bollette, si è mostrata particolarmente feroce verso i liberi professionisti. I lavoratori autonomi, infatti, hanno registrato il maggior calo dal 2018. Il 2024, secondo l’ultima legge di bilancio potrebbe, comunque, favorire il lavoro autonomo perché, fiscalmente, sarebbero previste, ad esempio, tre scaglioni e non più quattro sull’imposta dei redditi delle persone fisiche (IRPEF). Secondo gli esperti nemmeno la tanto agognata “flat tax”, la tassa adorata dai neoliberisti, potrebbe spingere molti lavoratori ad intraprendere o a continuare le liberi professioni.
La taumaturgica “flat tax” è un regime fiscale forfettario basato sulla applicazione di un’aliquota fissa, la tassa “piatta” e unica, per cui tutti i contribuenti pagherebbero la stessa percentuale del proprio reddito in tasse, indipendentemente da quanto fatturano. Senza volerci avventurare su un tema scottante come quello fiscale, quello che resta sono i fatti, nudi e crudi. E’ stato pubblicato il “VII Rapporto sulle libere professioni in Italia”, a cura dell’Osservatorio delle libere professioni di Confprofessioni. Si tratta del più importante organismo di rappresentanza del settore, il cui scopo è la produzione di studi, ricerche, rapporti ricorrenti, convegni e seminari sulle trasformazioni in corso nel vasto mondo delle libere professioni. Ebbene, sono ben 53mila i lavoratori in meno rispetto al 2022.
Il settore è stato in continua espansione fino alla pandemia, che ne ha frenato la crescita. Molte attività libere professionali hanno iniziato ad arrancare, visto anche la mancanza di un vero sostegno da parte dello Stato. Un cospicuo numero di liberi professionisti, subodorata la malaparata, ha chiuso i battenti, optando per un lavoro da dipendente, che è cresciuto di 765 mila unità negli ultimi quattro anni. Alla libertà del lavoro autonomo si sono preferiti i vantaggi del lavoro dipendente, con tutti gli annessi e connessi, ovvero orari standard, ferie pagate, cassa malattia, fiscalità semplificata in quanto le tasse sono pagate alla fonte. Essere lavoratore autonomo, per qualche decennio, è stato lo sbocco lavorativo desiderato da tanti laureati, perché rappresentava un traguardo ricco di soddisfazioni professionali ed economiche.
Ora che il vento è cambiato, ha perso il suo fascino, tanto che negli ultimi quattro anni il 10,3% dei laureati ha optato per un lavoro dipendente, mentre i nuovi lavoratori autonomi hanno registrato un decremento di oltre due mila unità. L’ultimo rapporto Censis (Istituto di ricerche socio-economiche) ha confermato questo trend, segnalando, ad esempio un vistoso calo degli avvocati iscritti alla Cassa Forense. C’è da segnalare, al contrario, l’aumento dei professionisti che non hanno un Ordine. Secondo i dati diffusi da Confcommercio (la più grande organizzazione di imprese commerciali in Italia) sono cresciuti del 4%, rispetto ai livelli prima della pandemia. Tra questi hanno fatto irruzione con veemenza gli influencers, a testimoniare l’evoluzione del lavoro tramite il web. Quest’anno il giro d’affari è stato pari a 348 milioni di euro.
Profitti che scaturiscono da sponsorizzazioni tra i vari social, che dipendano da quanti aficionados si hanno e dal traffico di dati del proprio profilo. Un tipo di attività che stuzzica particolarmente i giovani. In questo settore, tuttavia, è molto avvertita una regolamentazione legale che possa fornire una certa sicurezza fiscale e previdenziale. Questo aspetto dovrebbe interessare non poco le finanze statali, perché l’elusione, l’evasione fiscale e contributiva è la vera criticità della società italiana. Una maggior efficienza nei controlli farebbero recuperare ingenti risorse, utilizzabili per la redistribuzione a vantaggio di tutti.