Gli eventi estremi nel Belpaese sono cresciuti nel 2023 rispetto all’anno prima del 22%: alluvioni, grandinate e temperature estive in autunno.
Roma – Sulla crisi climatica le istituzioni si comportano come le tre scimmiette: “non vedono, non sentono e non parlano”! In realtà di parole se ne sentono a iosa, quasi sempre a sproposito e con lingua biforcuta, come solevano definire i “pellerossa” coloro che si esprimevano con falsità , ipocrisia e maldicenza. Nel Belpaese gli eventi estremi, nel 2023, rispetto al 2022, sono cresciuti del 22%, a dimostrazione del forte ritardo nell’adottare politiche lungimiranti e organiche. Come è emerso dal “Bilancio 2023 sul clima” a cura dell’Osservatorio nazionale Città Clima di Legambiente gli eventi estremi nel 2023 sono stati 378, mentre l’anno prima 311 e hanno provocato la morte di 31 cittadini. Si tratta di alluvioni, forti grandinate e mareggiate.
Poiché non ci facciamo mancare niente, a questi tre cavalieri dell’apocalisse si sono aggiunte temperature fuori misura, col relativo scioglimento di ghiacciai e l’incremento di laghi glaciali. Le cause? Ormai le conosciamo come un refrain: concentrazioni elevate di gas serra e di anidride carbonica. Secondo i dati a disposizione di Legambiente un approccio sistemico e non emergenziale produrrebbe un risparmio del 75% di quanto speso per riparare i danni. I numeri sono spaventosi. Le alluvioni in Emilia-Romagna: 2, a distanza di 15 giorni, nel mese di maggio e nella stessa zona.
In totale si sono verifica ben 27 situazioni drammatiche con 23 corsi d’acqua straripati, 48 comuni colpiti da 280 frane. In questo cataclisma non potevano mancare le vittime, che sono state, infatti 18. Il rapporto è un vero “cahiers de doleances”, Le regioni del nord hanno subito 210 sgraditissime visite, il centro 98 e il sud 70 tra allagamenti, alluvioni, trombe d’aria, grandinate ed esondazioni fluviali. E’ ancora impresso nella memoria, il violento nubifragio che si è abbattuto su Milano il 31 ottobre scorso con l’ulteriore esondazione del Seveso. I danni, pare che oscillano intorno ai 41 milioni di euro. Come ciliegina sulla torta di un pranzo di per sé già molto indigesto, si è manifestata la crescita record della temperatura, come mai quest’anno.
Basti pensare che nel mese di luglio in provincia di Cagliari sono stati raggiunti i 46,8°. Ma l’aspetto eccezionalmente preoccupante ha riguardato le temperature autunnali: 33° a Firenze, con più di 10° rispetto alla consueta media del periodo; 32° a Prato e Palermo. Si tratta di numeri anomali che confermano la crisi climatica che si sta vivendo. In Veneto le forti grandinate del mese di luglio scorso hanno provocato ingenti danni alle produzioni di grano, ortaggi, frutta e vigneti, oltre a ferire ben 110 persone. I terreni agricoli sono stati devastati e, in certi casi, è andato in fumo il lavoro di un anno col raccolto distrutto. La Coldiretti, la maggiore associazione di rappresentanza e assistenza dell’agricoltura italiana, ha stimato le perdite per il settore agricolo in oltre 6 miliardi di euro.
Al calo dei raccolti, si aggiunge la carenza di suolo agricolo, che in Italia è particolarmente marcata. Negli ultimi 50 anni, infatti, è diminuito del 30%, a causa della cementificazione selvaggia e dell’abbandono del lavoro agricolo. Urgono interventi concreti. Subito, ora, adesso. Non c’è più tempo da perdere. Basta voltare il capo dall’altra parte, iniziando dai Comuni, le cui amministrazioni, a prescindere del colore politico, dovrebbero avere la salvaguardia del territorio, dell’ambiente e del paesaggio come “faro” del loro agire politico. Altrimenti, non ci sarà possibilità per nessuno!