Pd & Compagni non si smentiscono e vanno a caccia di poltrone. Nel frattempo le frizioni fra il Cavaliere e la futura Premier difficilmente si esauriranno in tempi brevi, considerate le rinunce fatte da Berlusconi davanti ad una Meloni decisa e irremovibile. Per il resto le solite commedie in attesa della composizione del governo mentre l’Italia affonda.
Roma – Pace fatta tra la leader di FdI e il Cavaliere? Macchè. L’incontro tra Meloni e Berlusconi, ,conclusosi con una sorta di tregua armata, ha comunque sbloccato la complicata situazione sulla squadra di governo che sembrerebbe quasi pronta. Di certo il fondatore di F.I. ha dovuto rinunciare ai ministeri a lui cari come quello della Giustizia, ma i giochi sembrano quasi fatti. La futura premier Meloni avrà due vice, Matteo Salvini, che dovrebbe guidare anche le Infrastrutture e il forzista Antonio Tajani che approderà al ministero degli Esteri.
Tra le opposizioni, invece, il clima è incandescente e sempre più teso. Infatti ad oggi non si vede all’orizzonte la possibilità di un fronte unico per fronteggiare il prossimo governo di centrodestra. Tra terzo polo, Pd e M5s il nodo sulle vice-presidenze delle Camere ne è la prova. Nessun accordo tra loro. Anzi i centristi attaccano Pd e M5s, sentendosi messi alle corde da un accordo tra Letta e Conte e si dicono pronti a non partecipare al voto se non verrà riconosciuto un ruolo ad un esponente di Azione-Iv.
Oggi la prova del nove. La politica non sa più che cosa fare per disorientare i cittadini che in massa decidono di astenersi ed allontanarsi da una giostra grottesca. Un ministro che protesta contro sé stesso è qualcosa che non si era più vista dall’epoca di Prodi. La data che rimarrà scolpita nella storia del varietà politico italiano è quella dell’8 ottobre del 2022. Il teatro sono le strade del centro di Roma. Il pubblico, sbigottito ed attonito, vede e sente il ministro del Lavoro in carica, Andrea Orlando, prendere posizione e contestare le politiche del lavoro sinora attuate. Roba da non credere.
Ed è talmente calato nel suo ruolo di contestatore che lo stesso Orlando si unisce al coro di critiche che la Cgil scaglia contro il dicastero da lui gestito. Così anche se il 25 settembre le urne hanno decretato la larga vittoria del centrodestra e la Meloni ancora non si è insediata sono già iniziate le proteste di alcuni esponenti del governo Draghi, ormai agli sgoccioli. Per dirla in parole povere la sinistra appare sbandata e priva di senso dell’orientamento. Altro che futura opposizione ferma e costruttiva.
La scelta della maggioranza di puntare su Fontana per la carica di presidente della Camera, ha determinato una scosas tellurica di forte intensità, soprattutto nel Pd. Ma al di là di tutti i giudizi negativi che servono solo a minare la credibilità del Paese, come ritorsione spunta l’ipotesi nel Pd di eleggere alla vicepresidenza della Camera Alessandro Zan. Un profilo diametralmente opposto a quello del presidente Lorenzo Fontana. Se infatti Fontana è considerato un paladino della famiglia tradizionale, Zan è il firmatario del ddl contro l’omotransfobia e per i diritti Lgbtq. La logica perversa dei partiti, in tal modo, genererà ancora un ulteriore disaffezione. E la commedia continua mentre nel Bel Paese dilaga l’indigenza.