La Cina mette il “bavaglio” ai chat bot

Dopo la censura dei social, anche i chat bot autorizzati in Cina sono soggetti a severe restrizioni: possono operare liberamente, ma non devono toccare argomenti politici.

Roma – La Cina, il “dragone” asiatico, non gode certo di una grande reputazione a livello internazionale per quanto concerne i valori democratici e il rispetto dei diritti umani. Non sorprende, quindi, che dopo aver messo il bavaglio ai “social”, lo stesso trattamento è stato riservato ai nuovi chat bot autorizzati dalle autorità centrali. Possono operare come vogliono, purché non producano tematiche riguardanti la politica. In questa caso, la “longa mano” censoria mette in campo i suoi strumenti… persuasivi in maniera rapida e spesso crudele. Ormai ci stiamo abituando a sentire parlare dei chat bot.

Sono software progettati per simulare una conversazione con un essere umano, con lo scopo di riuscire a simulare il suo comportamento. Gli entusiasti di queste tecnologie ne hanno quasi una visione paradisiaca tanto che, spesso, vanno in “brodo di giuggiole” e li hanno definiti “agenti intelligenti” perché possono essere utilizzati per vari scopi come guidare in linea e rispondere alle FAQ (domande frequenti) degli utenti che accedono a un sito. Le aziende cinesi che si occupano di Intelligenza Artificiale (IA) hanno reso disponibili i loro prodotti. Tuttavia, l’accesso, al momento, è limitato a causa delle lunghissime liste d’attesa e delle caotiche procedure di registrazione che hanno, di fatto, impedito agli utenti di verificarne la loro potenzialità. Comunque, la pachidermica macchina amministrativa del governo cinese è riuscita a dare i primi permessi. Infatti, dal 31 agosto scorso è stato autorizzato l’uso libero di otto chat bot generativi fondati sull’IA. Trai i “fortunati” anche quello dell’Istituto di Automazione dell’Accademia Cinese delle Scienze.

Per ottenere le licenze d’uso si è dovuto aspettare fino a tre mesi per ottenerne una. E’ proprio vero che, come recita un moto popolare, “tutto il mondo è paese”. Nel senso che c’è sempre chi fa il furbo riuscendo a vendere l’autorizzazione al mercato nero, anche per centinaia di euro. Le restrizioni sono dovute anche al tempo che le autorità governative cinesi hanno impiegato per la verifica dei nuovi chat bot e per come limitarli. Il Partito-Stato Comunista è molto sensibile a possibili linguaggi che possono risultare sgraditi.

Sono stati resi obbligatori, infatti, meccanismi di moderazione che vietano discorsi politici relativi, ad esempio, a Taiwan, alle Due Cine e al leader maximo Xi Jinping. Il governo ha approvato una normativa che regola i servizi basati sull’IA generativa, secondo cui le licenze amministrative senza le quali non si può operare, debbano essere rilasciate dalla Cyberspace Administration. Ovvero l’autorità il cui scopo è la regolamentazione del mondo digitale e come i cittadini utilizzano Internet. I codici distribuiti finora sono accessibili a 1,4 miliardi di cittadini cinesi. Molti confidano nella vivacità nell’uso di internet, soprattutto da parte dei giovani più sensibili alle tecnologie, che possa offrire delle possibilità, chissà, di allentare le maglie dell’implacabile rete censoria.

Ad esempio indirizzare l’IA verso l’utilizzo di analogie delle parole vietate dai sistemi. Come già avviene nel “democratico occidente”, quando si tratta di immagini o testi negati per motivi vari che vanno dal sesso esplicito o a pratiche illegali. Come dire che “per ogni nuova legge c’è sempre qualcuno che proverà a trovare il modo per aggirarla, anche con esiti positivi”. E in Italia di questo siamo maestri. Ma se “Atene piange, Sparta non ride”. Nel senso che se la Cina utilizza metodi autoritari per censurare, l’occidente non è da meno. I metodi saranno senz’altro meno cruenti, ma più subdoli e con la stessa efficacia. Come ad esempio la recente approvazione del Digital Services Act (DSA), il regolamento europeo dei servizi digitali. Ovvero, come recita la proprietà commutativa della matematica “cambiando l’ordine degli addendi, il risultato non cambia”.

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