La casa logora chi non ce l’ha

Uno studio inglese rivela: chi vive in affitto invecchia prima. Lo stress dell’affittuario è superiore a quello sopportato da un disoccupato o da un tabagista. E il futuro incerto aggrava la situazione.

Roma – Se si vive in affitto si invecchia prima! Sembrerebbe una notizia da catalogare nella rubrica “strano ma vero” della Settimana Enigmistica. Ed invece è il risultato di uno studio apparso sul “Journal of Epidemiology & Community Health”, una rivista mensile inglese di sanità che copre tutti gli aspetti dell’epidemiologia e della salute pubblica. E’ emerso che l’affitto incide su salute e invecchiamento precoce rispetto a chi ha la casa di proprietà. La percentuale è quasi il doppio di quello relativo all’essere disoccupato piuttosto che avere un lavoro. Addirittura, secondo la ricerca, il fattore di rischio sullo stato di salute fisica e mentale è del 50% maggiore rispetto a quello di un ex fumatore nei confronti di chi non ha mai fumato.

Se pensiamo a coloro che oltre ad essere in affitto, sono pure vittime del tabagismo, la vecchiaia la vedranno col binocolo, dato che gli anni da vivere non saranno tanti! Gli autori della ricerca hanno precisato che, tuttavia, queste gravi conseguenze, non sono irreversibili se c’è l’intervento delle istituzioni pubbliche a favore delle politiche abitative per il miglioramento della salute. Infatti è noto che le condizioni delle abitazioni hanno un influsso sia sulla salute fisica che su quella mentale. Soprattutto per quanto riguarda il freddo, la muffe, il sovraffollamento abitativo e lo stress frutto del disagio.

Meglio fumare che stare in affitto?

Ovviamente queste criticità riguardano i ceti meno abbienti che non possono permettersi per i costi eccessivi, ad esempio, di coibentare un’abitazione in modo da garantire maggiore comfort ed efficienza. Com’è noto, coibentazione significa optare per un sistema di isolamento termico ed acustico, utilizzando specifici pannelli. I ricercatori hanno valutato l’influenza di questi fattori, senza, però, comprendere come possano esercitare i loro negativi effetti. Ai dati relativi all’esposizione a fattori ambientali che possono modificare l’espressione dei geni, hanno associato quelli derivanti da ricerche sociali e ai segni di invecchiamento biologico rilevati con campioni di sangue.

Ebbene, le condizioni abitative, gli arretrati dell’affitto da pagare, l’inquinamento e i fattori ambientali sono tutti fattori che possono spiegare un invecchiamento biologico più accelerato. Com’è stato osservato dagli studiosi, la ricerca presenta molti limiti, in quanto si tratta di uno studio osservazionale. Ovvero, un esempio di studio scientifico descrittivo o analitico in cui il team di ricercatori si limita a osservare i fenomeni, senza intervenire in maniera diretta su di essi. Gli autori hanno ribadito che si può limitare l’invecchiamento biologico con politiche abitative adeguate che migliorano la salute e che i loro risultati possono essere di ausilio per l’edilizia abitativa.

Come hanno sottoscritto:

“Il significato di essere un affittuario privato dipende dalle decisioni politiche, che finora hanno privilegiato i proprietari e gli investitori rispetto agli affittuari. Le politiche volte a ridurre lo stress e l’incertezza associati all’affitto privato, come la fine degli sfratti senza giusta causa, la limitazione degli aumenti degli affitti e il miglioramento delle condizioni, alcune delle quali si sono verificate in alcune parti del Regno Unito da quando sono stati raccolti questi dati, possono contribuire a ridurre gli impatti negativi dell’affitto privato”.

La politica privilegia i proprietari a scapito degli affittuari

E in Italia? Una politica di questo tipo non è proprio prevista dall’attuale governo in carica e pare che l’argomento non faccia parte dell’agenda politica. Sono tutti interessati a ad argomenti di basso livello, come, ad esempio tanto per ricordarne uno, lo strappo del terzo polo con la separazione tra Italia Viva e Azione. Che sarà mai? Ce ne faremo una ragione.

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