L’ex sindaca di Monfalcone ed europarlamentare della Lega dal palco del Congresso: “E’ in atto una sostituzione, purtroppo”.
Firenze – L’ex sindaca di Monfalcone Anna Cisint, costretta a girare con la scorta della polizia dopo le minacce di morte ricevute dai musulmani a causa del suo impegno per far rispettare le leggi dello Stato italiano ed aver chiuso moschee spacciate come centri culturali, ma anche per aver salvato diverse ragazze dai matrimoni forzati, continua la sua battaglia da europarlamentare. “Questa è una mozione a difesa dei valori della nostra identità. C’è un rischio di un’islamizzazione radicalizzata del nostro Paese. L’ho vissuto da sindaca” di Monfalcone, in provincia di Gorizia. “E’ in atto una sostituzione, purtroppo”. Così Anna Maria Cisint, europarlamentare della Lega, sul palco del congresso della Lega a Firenze, presentando una delle mozioni sul tavolo dell’assise leghista in compagnia delle eurodeputate Susanna Ceccardi e Silvia Sardone.
C’è una “proliferazione delle moschee. Tu non puoi stare in una pescheria e dire che quella è una moschea: a tutela di tutti e anche di chi vive vicino. C’è una domanda da farsi: i finanziamenti da dove arrivano? Da dove arrivano gli imam? Per fare il sacerdote ci vogliono 8 anni, per diventare imam bastano poche ore”, ha aggiunto. “Ringrazio Matteo Salvini che ci è stato vicino, molti di noi sono sotto scorta per questo”, ha concluso Cisint. Pochi giorni fa il Consiglio di Stato, accogliendo la posizione dell’amministrazione comunale, ha dato lo stop all’illegalità dei centri islamici di Monfalcone “con tre sentenze destinate a segnare finalmente una svolta alle pretese islamiche di poter impunemente gestire le loro strutture al di fuori del rispetto delle nostre leggi. Finalmente è stata fatta chiarezza ed è stata premiata la mia risolutezza nell’oppormi alle ripetute violazioni delle norme e alle pressioni e minacce subite dalle frange integraliste che mi hanno costretto ad avere la scorta personale”, ha affermato Cisint.

“Si tratta di decisioni che creano un precedente nel nostro Paese dove sono fiorite moschee e luoghi di preghiera senza alcun rispetto dei regolamenti urbanistici e soprattutto dell’incolumità pubblica e della sicurezza verso i cittadini” ha spiegato Cisint nel giorno della pronuncia del Consiglio di Stato. “Di fronte alle tante situazioni che si verificano in molte città d’Italia, è ora possibile intervenire e far valere le ragioni della legalità. Le sentenze, in particolare, stabiliscono, che la destinazione di un edificio a luogo di culto debba essere legittima tanto sul piano formale per effetto di acquisizione del titolo edilizio, quanto su quello sostanziale della conformità alla disciplina urbanistica”.
A Monfalcone, per lungo tempo, si è assistito a un braccio di ferro tra l’amministrazione comunale di centrodestra e la comunità islamica, che compone il 30% della popolazione. Anna Maria Cisint, sindaco uscente, è diventata parlamentare europea anche grazie alle sue battaglie per la legalità e, ora che la sua carica si è liberata, il comune si presenta alle elezioni (13/14 aprile). Un caso, visto che Monfalcone è la città delle tre studentesse che hanno chiesto di andare in classe con il niqab, dove il 75% delle donne straniere gira con il volto coperto, delle due moschee abusive e dove è stato arrestato un aspirante jihadista. La vicenda delle studentesse di Monfalcone che indossano il velo islamico integrale a scuola, in effetti ha fatto molto discutere.

“Una offesa alla nostra cultura e alla nostra identità”. Così era intervenuto il garante regionale dei diritti della persona Enrico Sbriglia sul caso delle studentesse di Monfalcone. “Preoccupante, paradossale e inaccettabile che accada in una scuola che dovrebbe essere luogo di libertà”- aveva detto Sbriglia esprimendo indignazione. Il garante si chiede poi quale sia il messaggio pedagogico che si rimanda agli studenti e si augura che non sia una provocazione in risposta alle polemiche dei mesi scorsi “giocata anche in questo caso sul corpo delle donne”. A suo avviso non sono comunque “questioni negoziabili”, “non si può assecondare questa visione oscurantista, né restare indifferenti perché sarebbe come esserne complici” – aveva tuonato il Garante. “Le donne devono essere rispettate nella libertà di mostrarsi come vogliono e dove lo vogliano e non subire imposizioni e umiliazioni a sfondo religioso in un contesto che mette in grossa difficoltà le persone ospitanti”.