E’ il Governo stesso a scommettere sul dato che questa misura non ridurrà affatto la produzione di plastica non riciclabile, semplicemente la renderà più costosa
“Non promuovi l’ambiente parlando, lo promuovi facendo delle scelte”. Non queste, però.
Di Maio ha affidato a Facebook l’ennesimo pensierino su cui, in astratto, nessuno può dirsi in disaccordo: siamo tutti a favore dell’ambiente, ci mancherebbe.
Sarebbe bene, però, sgomberare subito il campo dalla confusione: la “plastic tax” non ha niente a che vedere con la tutela dell’ambiente. Ha a che fare con la necessità di fare cassa, nulla di più. Chi lo dice? Il Governo, innanzitutto.
Mettiamo un po’ di dati in fila: la relazione tecnica di accompagnamento al Ddl di bilancio stima un nuovo gettito derivante dall’applicazione dell’imposta in termini di cassa pari a circa 1,08 miliardi per l’anno 2020, 1,78 miliardi per l’anno 2021, 1,54 miliardi per l’anno 2022 e 1,72 miliardi per l’anno 2023.
In pratica è il Governo stesso a scommettere sul dato che questa misura non ridurrà affatto la produzione di plastica non riciclabile, semplicemente la renderà più costosa.
Sia chiaro: non abbastanza costosa da rendere sconveniente produrla (al netto di possibili rimodulazioni della norma, anche l’attuale previsione di un prelievo di 1 euro per ogni chilogrammo di plastica monouso realizzata – che corrisponde a circa 150 euro medi di maggiori costi annui per famiglia – risulta tutto sommato sostenibile); sufficientemente, però, da rimpinguare un po’ le casse dello Stato.
E’ il meccanismo che si è soliti applicare alle accise sul tabacco. Fumare fa male, è fuor di dubbio: quindi “sta male” lamentarsi se il Governo aumenta le tasse in questo settore, dal momento che c’è una copertura etica per un simile incremento. E, probabilmente, se da un giorno all’altro un pacchetto di sigarette costasse il doppio o il triplo, in effetti il numero dei fumatori calerebbe drasticamente.
Questo, però, non accade mai. Il prelievo cresce costantemente, anno dopo anno, ma ogni volta appena di qualche decina di centesimi. E infatti il numero dei fumatori nel nostro Paese è sostanzialmente invariato dal 2015.
Dunque l’affaire “plastic tax” non attiene al rispetto dell’ambiente e nemmeno alla legittimità dell’uso della leva fiscale per indirizzare i comportamenti umani. Esiste infatti modo e modo di adoperare l’impulso del fisco. Benemerita, ad esempio, la contestuale previsione in manovra di meccanismi di credito d’imposta per chi riconverte gli impianti di produzione, al fine di realizzare prodotti in plastica biodegradabile e compostabile (se si avesse avuto solo avuto a cuore l’ambiente non ci si sarebbe potuti limitare a misure in questa direzione?).
La tassa sulla plastica attiene piuttosto all’ipocrisia di una politica che si nasconde dietro alle bandiere dei principi ed alle presunte rivendicazioni etiche, ma che ha in realtà l’unico obiettivo di incrementare le entrate. Una politica che inneggia a Greta, ma che, se potesse, tasserebbe anche lei.
Perché “non promuovi l’ambiente parlando, lo promuovi facendo delle scelte”. Ma non queste, Ministro Di Maio, proprio non queste.