I Taleb ovvero gli “studenti” non amano i mass media. A meno che non parlino bene del loro regime. Ma chi può parlare in termini positivi di criminali senza scrupoli che non hanno esitato un attimo a seminare morte e terrore con il loro maledetto ritorno al potere. Con pochissimi giornalisti in zona si rischia un vuoto di informazione. La carenza di notizie alimenta paura e incertezze specie fra i profughi.
Roma – Abbiamo visto le immagini disperanti della popolazione che si affannava a trovare un mezzo di trasporto per allontanarsi dal nuovo Afghanistan, dominio dei Talebani. C’erano, tra quelle migliaia e migliaia di persone in cerca di salvezza, anche decine di giornalisti professionisti. Coloro che testimoniavano da anni, con cognizione di causa, gli eventi che accadevano in questo Paese tormentato. Queste “fughe” di cronisti specializzati della stampa estera hanno prodotto un vuoto che rischia di diventare una voragine per l’informazione.
In Afghanistan, infatti, da quando i Talebani hanno steso la loro coltre di controllo, la federazione dei giornalisti e l’Unione nazionale dei giornalisti Afghani, hanno denunciato la chiusura di 153 tra radio, tv e giornali, in 20 diverse province strategiche del Paese.
Travolti dal crollo dell’economia, lasciati a sé stessi senza finanziamenti, moltissimi media non hanno retto e non reggono questo subitaneo cambiamento di direzione politica, la cui onda lunga rischia letteralmente di spazzare via la stampa libera e indipendente.
Abdul Salam Zahid, direttore di Radio Bost FM Helmanda a Kabul spiega sui social che mentre precedentemente all’emergenza creata dal nuovo volto del Paese i media godevano di finanziamenti governativi e non, oltre ai proventi della pubblicità, adesso la situazione è cambiata in peggio. Quanto potranno resistere senza contributi economici?
Le interviste dei portavoce talebani, soprattutto quelle volutamente rilasciate in inglese, cioè rivolte a interlocutori esterni al Paese, avevano l’obiettivo di convincere il mondo sulla correttezza del Governo talebano, da sempre considerato con cautela dalle potenze straniere.
Eppure anche per quanto riguarda la prevedibile crisi dei media, nonostante le rassicurazioni dei terroristi, la situazione odierna si trova al centro di una debacle che mina profondamente la credibilità di quelle dubbie rassicurazioni.
Non molto tempo fa il vice ministro alla Cultura e all’Informazione Zabihullah Mujahid ci aveva messo la faccia confermando che i giornalisti avrebbero potuto lavorare in sicurezza e che ai media non sarebbero state imposte censure e restrizioni. Il nuovo volto del Paese però non sembra riuscire a mantenere le promesse fatte. Anzi è l’esatto contrario.