Prove di intesa sul premierato e sul meccanismo ‘anti-ribaltone’

Opposizioni pronte all’ostruzionismo al testo del centrodestra che rafforza il capo del governo e che potrebbe subire ritocchi.

Roma – In una sorta di allineamento perfetto dei pianeti e sotto una fitta coltre di neve – molto amata dai giapponesi che nel suo candore vedono purezza e speranza – a Tokyo Giorgia Meloni trova la serenità per districare un pò di matasse. Dopo il bilaterale con l’omologo giapponese Fumio Kishida e il passaggio di consegne del G7, il premier chiude il caso Sgarbi accogliendone le dimissioni, e incassa, da Roma, l’accordo di maggioranza sul premierato. Un accordo di massima che strada facendo potrebbe subire ritocchi e che potrebbe richiedere del tempo per le limature.

Le tensioni intanto si allentano sotto la tempesta di neve nipponica, e il tanto agognato premierato è più vicino nonostante i migliaia di chilometri di distanza dal Parlamento italiano. C’è l’intesa di maggioranza, il via libera alla norma “anti-ribaltone”, che il premier dà per telefono dal Paese del Sol Levante al ministro per le Riforme, Elisabetta Casellati, che sta lavorando al testo. Basta trasformismo, inciuci o governi tecnici: devono scegliere gli italiani da chi essere governati. Questo l’obiettivo cruciale del ddl Casellati.

C’è anche l’ok – sempre di massima ma con dei ragionamenti da fare – di Matteo Salvini e Antonio Tajani che hanno approvato l’ultima versione della riforma costituzionale sul premierato. Punto cardine della norma anti-ribaltone su cui converge il centrodestra è un ritorno alle urne in caso di sfiducia del premier eletto e per quello di riserva – che subentra solo in casi eccezionali come “nei casi di morte, impedimento permanente, decadenza“- invece solo una chance di dare vita a un nuovo esecutivo. Il nuovo articolo 4 prevede quindi che se il premier viene sfiduciato “mediante mozione motivata, il presidente della Repubblica scioglie le Camere“. Inoltre se si dimette volontariamente e “previa informativa parlamentare” – altra novità del testo – il premier “può proporre, entro sette giorni, lo scioglimento delle Camere al presidente della Repubblica, che lo dispone“.

Montecitorio

Qualora non venga esercitata la facoltà di proporre lo scioglimento delle Camere e “nei casi di morte, impedimento permanente, decadenza”, il capo dello Stato può incaricare “per una sola volta nel corso della legislatura” il premier dimissionario o “un altro parlamentare eletto in collegamento con il presidente del Consiglio”. I nuovi emendamenti alla riforma del premierato sono presentati dal governo, e non dai capigruppo di maggioranza, come inizialmente previsto, perché – spiega il senatore di FdI, Alberto Balboni, che è anche relatore del provvedimento e presidente della commissione Affari costituzionali – così “si rafforza il senso dell’intesa raggiunta”.

Ed è già pioggia di emendamenti: l’opposizione, sulle barricate, si prepara al solito braccio di ferro. Dal Pd 817, da Avs 1.014, dodici dal M5S, 16 da Italia Viva. Tra quelli dem, spunta il cancellierato: emendamenti in maggioranza soppressivi e ostruzionisti, ma anche “una decina qualificanti che delineano una proposta alternativa che guarda al modello tedesco, con sfiducia costruttiva, Parlamento in seduta comune e innalzamento dei quorum di garanzia, per evitare che la maggioranza pro tempore si scelga da sola le figure di garanzia”.

Oltre mille quelli di Avs, che puntano a fare ostruzionismo e 12 quelli grillini “soppressivi e sostitutivi”. Alessandra Maiorino, vicepresidente del Gruppo al Senato, dice che “nessuno è meramente ostruzionistico. Sulla Costituzione non si gioca come fece Calderoli con 450 mila emendamenti”. In ogni caso i pochi emendamenti chirurgici “sono piccole cariche piazzate sotto l’architrave di questa follia“. E ancora, dal partito di Matteo Renzi un riferimento al bicameralismo.

Alessandra Maiorino, vicepresidente del Gruppo al Senato M5S

“Sono 16 gli emendamenti presentati al Senato da Italia Viva al ddl costituzionale sul premierato, a firma Enrico Borghi e Dafne Musolino. Gli elementi qualificanti – fanno sapere – riguardano il principio del ‘Simul simul’, con la cancellazione della norma anti-ribaltone e del pasticcio del ‘secondo premier’. L’abolizione del bicameralismo paritario e l’istituzione del Senato delle autonomie, con la riscrittura dell’articolo 55 della Costituzione. La possibilità data al premier di nominare e revocare i ministri. E il limite dei due mandati per il presidente del consiglio eletto direttamente dai cittadini”.

Insomma, il muro contro muro tra maggioranza e opposizione è assicurato. E il presidente del Consiglio dal Giappone commenta: “L’opposizione fa il suo lavoro: loro non vogliono l’elezione diretta del capo del Governo, è una posizione legittima ed è normale che cercano di realizzarla con gli emendamenti. Sono contenta per la maggioranza, che lavorando si sia trovata una formulazione della norma che è più chiara rispetto alla precedente e che ribadisce un fatto semplice: se passa la riforma sono gli italiani che decidono da chi farsi governare”.

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