La decisione del Consiglio dei ministri di commissariare Inps e Inail suscita dibattito e accuse di occupazione politica, mentre le opposizioni contestano scelta e metodi. Quando erano loro al governo le medesime scelte andavano bene.
Roma – Il Consiglio dei ministri ha stabilito che Inps e Inail verranno commissariate. Così decadranno presidenti e organi amministrativi e il Governo sceglierà due professionisti per amministrarle nel periodo di transizione. Una cosa fatta tante volte, ma le opposizioni contestano la scelta e i metodi. Anche la Rai è nella bufera, ma è il solito venticello che consente di criticare anche chi si è comportato nello stesso modo.
In ogni caso la decisione presa dal CdM nella serata di giovedì 4 maggio ha suscitato reazioni negative dall’opposizione e anche da uno dei presidenti che verrà sostituito: Pasquale Tridico, che guida l’Inps dal 2019. Il Governo Meloni non ha dato una spiegazione ufficiale sulla scelta di commissariare i due enti pubblici previdenziali. Probabilmente i vertici avevano fatto il loro tempo, ed era ora.
Il mandato di Tridico sarebbe scaduto tra poche settimane, mentre quello del presidente di Inail, Franco Bettoni, in quota Lega, sarebbe terminato a luglio. Il riordino del Governo, che ha deciso di eliminare la figura del vicepresidente nei due istituti e modificare altri aspetti tecnici, chiuderà i due mandati entro 20 giorni dall’entrata in vigore del decreto. In più, verrà azzerato il Consiglio di amministrazione, che nel caso dell’Inps sarebbe rimasto in carica per un altro anno. Il nuovo commissario nominato per ciascun ente avrà fino a 90 giorni per apportare tutte le modifiche previste dal decreto. Bisogna tenere presente che lo spoils system è una pratica politica che si è diffusa in Italia a partire dagli inizi degli anni ’90 con l’affermarsi dei sistemi elettorali maggioritari.
Consiste, in pratica, nel cambiare gli alti dirigenti della pubblica amministrazione con il cambiare del Governo. Le nuove forze politiche in carica possono affidare, quindi, la guida della macchina amministrativa a persone di loro fiducia, che ritengono in grado di raggiungere gli obiettivi prefissati. Succede, ad esempio, per la scelta di segretari comunali o capi di dipartimento. In Italia lo spoils system è stato, pertanto, in qualche modo “istituzionalizzato” dopo la fine della Prima repubblica.
Dopo “Tangentopoli”, per intenderci, cioè dopo la fine della maggior parte dei partiti presenti dopo la fine della Seconda guerra mondiale e dopo la stagione referendaria del 1993. Anno in cui le prime elezioni dell’anno successivo si tennero sulla base di un sistema elettorale a prevalenza maggioritaria. È allora che il sistema entra nel linguaggio comune anche nel nostro Paese. Per una regolamentazione, però, occorre attendere la fine del decennio, con le riforme volute da Franco Bassanini, riviste poi dalla legge Frattini nel 2002, e riformata ulteriormente nel 2006.
Si apre comunque la stagione delle nomine e dall’opposizione di turno riecheggiano espressioni lessicali come “occupazione politica”, “brama di potere”, “maggioranza pigliatutto” e “ingordigia politica”. Se si torna però indietro negli anni, ci vuole poco a scoprire che la sinistra ed il M5S, cioè l’attuale opposizione nelle sue molteplici versioni, quando era al Governo agiva allo stesso modo e non gridava allo scandalo. Anzi. Sarebbe opportuno, visto che si parla di riforme, approvare una legge regolante lo spoils system. Del tema, si occupa in termini generici una legge del 1998 e un parere del Consiglio di Stato dello scorso anno.
Nei fatti, tutto però è lasciato al caso. Proprio per questo, un meccanismo chiaro eviterebbe interventi legislativi da azzeccagarbugli per cambiare, non solo il governo della Rai, ma anche altro. Cioè per fare esattamente quello che hanno fatto tutti i governi della Repubblica. Senza scandali e indignazioni. Il rischio dello spoils system, secondo i critici, è che il sistema amministrativo risulti di fatto dipendente dalla politica. E che, in particolare nel caso italiano, un continuo ricambio ai vertici ministeriali possa rallentare la macchina burocratica. Chi sostiene, invece, la validità del sistema, il cambiamento, sottolinea le difficoltà che il potere esecutivo può incontrare nell’attuare le proprie politiche, in presenza di funzionari e dirigenti che possono avere interesse a ostacolare l’azione del Governo.