Nulla che non si sapesse durante la videoconferenza del premier Conte con i colleghi degli stati membri. Proposte per tutti, decisioni solo per Merkel e Macron. Intanto il tempo stringe e con la riapertura alle porte la confusione dilaga.
Roma – E’ stata la videoconferenza con i membri UE a far saltare il coniglio dei Ministri? Macchè, anzi quasi certamente no. Le opzioni rimangono due: CdM oggi in giornata l’approvazione del Def e aumento di deficit da 50-55 miliardi oppure consiglio dei plenipotenziari per il 25 aprile durante il quale si formulerà anche il DPCM per la fase 2 che partirà il 4 maggio prossimo con qualche anticipo per il 27 di aprile. La prima opzione ha prevalso sulla prima: oggi 24 aprile sapremo che cosa accadrà nei prossimi giorni. I numeri sono importanti dunque il ritardo è più che giustificato: 10 miliardi alle imprese sotto i 10 dipendenti e 13 per gli ammortizzatori, mentre 12 miliardi come anticipi alle imprese creditrici per i pagamenti della pubblica amministrazione.
Al vertice Ue per via telematica sulle misure anticrisi per la pandemia, su iniziativa del premier Conte, è passato l’assunto che il Recovery fund è necessario ed urgente. Gli stati membri, in buona sostanza, hanno detto sì al pacchetto di misure dell’Eurogruppo da 500 miliardi (piano Bei, Sure per la cassa integrazione e Mes) che sarebbero vigenti entro il primo di giugno: “…Dovrà esserci un giusto equilibrio tra prestiti agli Stati e sovvenzioni finanziarie senza restituzioni…” ha detto la presidente della Commissione von der Leyen riferendosi all’uso delle risorse del nuovo fondo per la ripresa.
I Paesi del nord non vogliono che i finanziamenti siano a fondo perduto al contrario dei Paesi del sud, Italia in testa, che si vedrebbero gravare i già pesanti bilanci nazionali che aumenterebbero il già pesantissimo debito:
”…La Commissione lavorerà in questi giorni per presentare già il prossimo 6 maggio un Recovery Fund – scrive Conte sui social – che dovrà essere di ampiezza adeguata e dovrà consentire soprattutto ai Paesi più colpiti di proteggere il proprio tessuto socio-economico…Grandi progressi, impensabili fino a poche settimane fa, all’esito del Consiglio Europeo: i 27 Paesi riconoscono la necessità di introdurre uno strumento innovativo, da varare urgentemente, per assicurare una ripresa europea che non lasci indietro nessuno…”.
C’è da fidarsi sentendo anche le dichiarazioni della Merkel?:
”…Abbiamo parlato in modo aperto e in spirito di collaborazione – ha aggiunto la cancelliera – Non su tutto siamo della stessa opinione ma il clima è stato molto positivo. Tutti sono d’accordo sul fatto che serve un piano congiunturale o come viene chiamato Recovery plan o Recovery fund. Voglio dire in modo molto chiaro che una risposta comune del genere è anche nell’interesse tedesco…La Germania sta bene solo se l’Europa sta bene…”.
Cose già dette che potrebbero nascondere ben altri piani e temibili risposte strategiche da una UE che non intende “regalare” nulla a nessuno, in specie agli stati del sud. E questo è facilmente intuibile anche per i profani di politica internazionale. Ad avvalorare questa ipotesi le dichiarazioni del presidente francese:
”… I piani di rilancio dopo questa crisi dovranno essere finanziati e dovranno essere massicci – ha aggiunto Emmanuel Macron – bisogna essere all’altezza di questa risposta e decidere il più presto possibile le risposte più forti possibili, nonostante il persistere dei disaccordi…”.
Macron come Merkel dunque quale novità? Nulla di buono si prevede all’orizzonte nonostante le rassicurazioni di Conte. E’ come se, da un momento all’altro, qualcuno ci costringa ad accettare condizioni sulla scorta di un laconico, ma anche minaccioso, prendere o lasciare:
”…Dovremmo dare un mandato chiaro alla Commissione – ha evidenziato Conte durante la conferenza in rete – perché prepari il più presto possibile una proposta concreta per il Recovery fund, fornendo un ponte per anticipare le risorse quest’anno…L’ammontare del Recovery fund dovrebbe essere di 1,5 trilioni di euro e dovrebbe fare trasferimenti agli Stati membri. Sono essenziali per preservare il mercato unico, la parità di condizioni e per assicurare una risposta simmetrica ad uno choc simmetrico. L’emergenza sanitaria è diventata molto presto un’emergenza economica e sociale. Ma ora stiamo affrontando anche un’emergenza politica…Dovremmo evocare il concetto di solidarietà non solo nel senso di altruismo ma anche nel senso meno romantico della comunanza d’interessi: stiamo lavorando per preservare il mercato unico. In questa prospettiva, non c’è alcuna differenza tra Nord e Sud Europa…”.
Conte sa bene che non è così. Se ne riparlerà in consiglio dei Ministri con una certa fretta. La fase 2 è alle porte ed è già caos.