Il presidente della Camera torna sulla decretazione d’urgenza. Parlamento chiamato a intervenire quando il cuore delle decisioni già preso.
Roma – La decretazione d’urgenza è uno “strumento usato in maniera eccessiva”, anche se in calo: serve “una strada” per ridurla. Così il presidente della Camera, Lorenzo Fontana, nello scambio di auguri con la stampa parlamentare. La “situazione è migliorata, la lettera inviata a suo tempo alla premier Giorgia Meloni ha sortito qualche effetto. Ma la mèta non è stata raggiunta. – dice Fontana – Ci sono ancora troppi decreti del governo, che scavalca così il Parlamento, chiamato a intervenire quando il cuore delle decisioni è stato preso. Il presidente ha auspicato anche un intervento sulla Costituzione, che intersechi quello sull’Autonomia.
“Ci battiamo per far capire al governo che la decretazione è uno strumento usato in maniera eccessiva – ha detto Fontana – Nell’ultimo anno è stato usato meno. Magari con altri richiami si può diminuire ancora. Ci sono strumenti regolamentari altrettanto efficaci. Serve una strada che ci porti ad avere una minore decretazione”. Un aiuto potrebbe arrivare dalla “nuova riforma del regolamento parlamentare” che “su certe cose è obsoleto”. Ma in ballo ci sono anche il premierato e, di nuovo, l’Autonomia, reduce dal giudizio della Consulta. “Da un certo punto di vista – ha spiegato Fontana – sono lieto del fatto che la Corte abbia stabilito che il Parlamento abbia un ruolo centrale. Questa legge richiederà un approfondimento”.
Da anni il Colle lamenta l’abuso della decretazione d’urgenza. Era già successo con i Capi dello Stato che si sono succeduti nei governi. Eppure, l’esecutivo Meloni ne sta producendo molti. La cosa non è gradita al Quirinale, perché, come dicono diversi costituzionalisti, “un governo che ha una maggioranza piena alla Camera e al Senato non ha la necessità di fare troppi decreti”. A ciò si aggiunge un’altra questione: una volta incardinato in Parlamento il provvedimento viene emendato fra Camera e Senato con norme che il più delle volte non c’entrano niente con il decreto. Sergio Mattarella ha più volte riferito il suo punto di vista ai presidenti di Montecitorio e Palazzo Madama, ovvero Lorenzo Fontana e Ignazio La Russa. Troppi decreti omnibus, troppi emendamenti fuori luogo che snaturano la vera natura dei provvedimenti approvati dal governo.
Sono 55 in 17 mesi, con una media di 3,44 al mese (fonte OpenPolis). Questi numeri diffusi a marzo scorso si riferivano ai decreti legge emanati dal Governo presieduto da Giorgia Meloni. Si tratta di un record tra gli ultimi 9 governi nelle precedenti quattro legislature (dal 2008 ad oggi). Nemmeno durante il periodo del Covid 19 si era arrivati a tanto. Questi dati esprimono un’evidente e preoccupante tendenza: le leggi sono sempre meno prerogativa del Parlamento e sempre più materia prioritaria del Governo. Il decreto legge è uno strumento che andrebbe utilizzare soltanto “in casi straordinari di necessità e urgenza” (art. 77 Costituzione). Anche perché un decreto Legge ha immediatamente valore di legge, ma perderebbe efficacia sin dall’inizio se il Parlamento non lo convertisse in legge entro 60 giorni, creando non pochi problemi per l’incoerente continuità normativa.
Il Governo, anziché utilizzare lo strumento del decreto legge con parsimonia, ne abusa abbondantemente e continuamente, con un’evidente invasione di campo e con un notevole condizionamento dell’agenda dei lavori parlamentari. Ne consegue che l’organo legislativo non abbia più tempo per le proprie iniziative, dovendo rincorrere la scadenza dei troppi decreti. Da qui il richiamo di Fontana.