Secondo la Commissione, mancano norme necessarie per vietare la discriminazione e il ricorso abusivo a contratti a tempo determinato.
Roma – La scuola italiana nel mirino dell’Europa. Forse sarà Bruxelles a rispondere all’eterno SOS dei precari? La Commissione Ue ha deciso di deferire l’Italia alla Corte di giustizia dell’Unione europea per non aver posto fine all’uso abusivo di contratti a tempo determinato e a condizioni di lavoro discriminatorie nel mondo della scuola. La procedura d’infrazione riguarda la direttiva 1999/70/CE del Consiglio. Secondo la Commissione, l’Italia non dispone delle norme necessarie per vietare la discriminazione delle condizioni di lavoro e il ricorso abusivo a contratti a tempo determinato successivi.
“La Commissione – spiega una nota di Bruxelles – ritiene che la legislazione italiana che stabilisce lo stipendio degli insegnanti a tempo determinato nelle scuole pubbliche non preveda una progressione salariale basata sui precedenti periodi di servizio. Questo costituisce una discriminazione rispetto agli insegnanti assunti a tempo indeterminato, che hanno diritto a tale progressione salariale. Inoltre, contrariamente al diritto dell’Ue, l’Italia non ha adottato misure efficaci per prevenire l’uso abusivo di contratti di lavoro a tempo determinato successivi del personale amministrativo, tecnico e ausiliario nelle scuole pubbliche. Questo viola il diritto dell’Ue in materia di lavoro a tempo determinato”.
La Commissione ritiene quindi che gli sforzi delle autorità siano stati finora insufficienti e pertanto deferisce l’Italia alla Corte di giustizia dell’Unione europea. La Commissione aveva avviato la procedura d’infrazione nel luglio 2019, seguita da un’ulteriore lettera di costituzione in mora nel dicembre 2020 e da un parere motivato nell’aprile 2023. Già nei giorni scorsi, l’Unione Europea era intervenuta sul tema con il caso di Alessio Giaccone, docente idoneo al concorso 2020, che aveva deciso di interpellare direttamente la Commissione Ue per chiarire le incertezze legate alle procedure concorsuali previste dal PNRR. L’insegnante aveva espresso preoccupazione per la priorità accordata ai vincitori del concorso PNRR rispetto ai circa 30.000 docenti già idonei in attesa di assunzione, chiedendo chiarimenti sul significato di “essere idoneo” pur non ottenendo l’immissione in ruolo.
La Commissione ha ribadito che il diritto comunitario impone agli Stati membri di adottare misure efficaci per prevenire l’abuso dei contratti a tempo determinato. E aveva inoltre ricordato l’avvio di una procedura di infrazione contro l’Italia per l’abuso di contratti a termine nel pubblico impiego. Tuttavia, la Commissione aveva precisato di non avere competenza diretta per imporre all’Italia specifiche modalità di assunzione degli insegnanti. La scelta di come ottemperare agli obblighi comunitari in materia di contratti a termine spetta ai singoli Stati membri, così come l’organizzazione dei sistemi educativi. L’Ue, in questo ambito, può solo svolgere un ruolo di supporto, coordinamento e integrazione delle azioni nazionali.
Nei giorni scorsi durante il Question Time alla Camera, la sottosegretaria all’Istruzione e al Merito, Paola Frassinetti, aveva spiegato che quest’anno non è stato possibile utilizzare tutti i 65.000 posti disponibili per le assunzioni a causa del vincolo imposto dal precedente governo con la Commissione Europea, che obbliga ad assumere 70.000 docenti tramite i concorsi PNRR. Grazie alla negoziazione di una maggiore flessibilità con la Commissione, il Ministero ha ottenuto una proroga del target assunzionale al 2024-2026. Tale flessibilità ha permesso di riservare il concorso 2023 a 46mila docenti precari e di assumere 6.000 docenti provenienti dai concorsi precedenti, ma ha comportato l’accantonamento di circa 19.000 posti per il prossimo concorso PNRR.
La sottosegretaria, durante il suo intervento in Parlamento, ha ribadito l’impegno del Ministro Valditara a confrontarsi nuovamente con la Commissione Europea per ottenere maggiore flessibilità sulla riforma del reclutamento PNRR, al fine di renderla più adatta alle esigenze del sistema scolastico, favorendo la continuità didattica e offrendo maggiori opportunità ai docenti precari.