Millanta soluzioni facili a problemi difficili e si radica nella povertà di pensiero, che impedisce di comprendere la complessità del reale.
Roma – In politica e nella società si continua a litigare non tanto sulla visione del Paese, ma sugli strumenti idonei e molto spesso inadeguati per avere quel consenso che permette di governare, nel presente o in futuro per chi è all’opposizione. Tutto appare fortemente ipocrita e strumentale, tanto che si può dire che ogni partito presente in parlamento abbia governato questo Paese, con i suoi meriti e demeriti, ma è opportuno chiedersi con quali risultati e ricette…?
Ed allora perché si continua a puntare il dito verso la luna, dimenticando di creare le condizioni di sviluppo e giustizia sociale oggi…? Tutti responsabili, nessuno responsabile…? Forse. Tutto sembra opaco. Forse perché si tende a fare emergere esclusivamente le incapacità dell’avversario, spalmandole su ogni attore e soggetto politico, affinché non si dica e si appalesi la fragilità di un progetto annunciato, ma mai nato e, forse, voluto veramente. In sostanza al di là del colore politico sembra che si voglia solo fare gli incendiari per riscaldare gli animi stanchi ed oppressi di chi soffre veramente, quasi esortandoli ad uscire allo scoperto per rivoluzionare tutto.
Ma questo voglia cozza contro l’autorevolezza e credibilità politica dei partiti, che ogni cittadino sofferente avverte. Per cambiare e migliorare le cose ci vuole tempo ed è proprio questo il limite della politica, che vuole invece subito incassare il consenso. Le porte, in tal modo, sono aperte al populismo. Basta dare un’occhiata ai media e all’attualità per constatare che in questo XXI secolo il virus del populismo si è ampiamente diffuso e che si è ambientato praticamente in tutti gli angoli del Pianeta.
Suscita conflitti, sventola bandiere, insidia istituzioni. Destabilizza governi e dà fiato a ridicoli complottismi. Alligna indifferentemente in gruppi di destra e di sinistra, viene appoggiato da progressisti, da nazionalisti e da conservatori al servizio di cause in apparenza nobili e giuste, e in altri casi per fomentare l’astio, la sete di vendetta e il malcontento. È presente nei governi, nei parlamenti e, ovviamente, nelle reti sociali, giganteggia nei talk show televisivi, siede a tavola nelle nostre case e trova nell’overdose di informazione e nella sfera emotiva un ideale luogo di incubazione.
Purtroppo, questo contagioso fenomeno che polarizza e divide non è confinato all’arena politica, ma può contaminare altre dimensioni della nostra esistenza. Millanta soluzioni facili a problemi difficili. Non trova origine nell’ecosistema che lo nutre, e per sua natura si radica nella povertà di pensiero, che impedisce ai soggetti e alle comunità di comprendere tutta la complessità del reale. Per rappresentarlo con un’immagine semplice, è come se tutti si muovessero nell’oscurità della notte tenendo accesi soltanto i fari anabbaglianti ed esponendosi così a reazioni repentine ed emotive, quando invece dovrebbero mantenere anzitutto una visione della realtà quanto più possibile profonda, nitida e ampia.
La disputa tra governi e magistratura è spesso sulle prime pagine dei quotidiani, non solo in Italia. Uno scontro che assume toni allarmanti le cui implicazioni sono particolarmente insidiose. L’azione di governo alle volte sembra dimenticare che i magistrati sono tenuti, come tutti, a rispettare le leggi e hanno la facoltà di interpretarne i contenuti. In una democrazia ordinaria come la nostra sono portatori di un potere autonomo garantito dalla Costituzione: non soltanto devono essere imparziali, ma anche apparire tali davanti all’opinione pubblica. Ora sembra essere arrivati ad un vero punto di rottura.