L’uomo, negli anni, si sarebbe accusato di diversi omicidi facendo perdere tempo prezioso agli inquirenti che mai hanno ritrovato riscontri alle sue “confessioni”. Torrente aveva confessato anche l’omicidio di Ruxandra Vesco, salvo poi a ritrattare tutto. Rischia l’ergastolo.
Palermo – Per i Pm Enrico Bologna e Felice De Benedittis è stato Damiano Torrente, 48 anni, pescatore dell’Acquasanta, ad uccidere Ruxandra Vesco, 38 anni, di origini rumene ma cittadina italiana. Dopo l’omicidio l’uomo si sarebbe disfatto del cadavere gettandolo da un dirupo di Monte Pellegrino nel 2015. Per questi motivi la pubblica accusa ha chiesto per Torrente la condanna a 25 anni di reclusione. La vicenda, assai controversa, non è priva di lati oscuri. L’imputato, infatti, nel corso degli anni avrebbe confessato di essere l’esecutore materiale di ben 11 omicidi.
Dunque un killer seriale, peccato però che gli investigatori non abbiano mai trovato riscontri alle sue farneticanti dichiarazioni. Il primo a raccogliere la confessione del presunto assassino di Ruxandra sarebbe stato padre Giovanni Cassata, parroco della chiesa Nostra Signora della Consolazione, che consigliò al pescatore di costituirsi:
”…Prima bisogna vedere se Torrente e la vittima si conoscevano davvero – afferma il difensore dell’imputato, avvocato Alessandro Musso – é stata depositata una perizia psichiatrica in cui si certifica che il mio assistito non ha ucciso. Ha un disturbo narcisistico che lo porta a raccontare fatti che non sono mai esistiti senza neppure considerare le conseguenze di quanto dice. Quello che si sta celebrando è un processo complesso, per la Corte non sarà semplice emettere il verdetto. Non c’è un movente. Nel corso del dibattimento non è emerso che sia stato lui ad uccidere la vittima. Torrente in questi anni ha raccontato tante storie, molte delle quali non sono risultate vere…”.
Sette anni fa Torrente si era presentato presso la stazione dei carabinieri di Falde, a Palermo, dove confessava l’omicidio di Ruxandra per motivi passionali. Il pescatore indicava ai militari il luogo dove aveva gettato il cadavere e, in effetti, gli investigatori rinvenivano due sacchi di plastica di quelli usati per i rifiuti contenenti i resti della povera donna. Ad un giorno dalla confessione l’uomo ritrattava la sua versione dei fatti dicendo ai militari di aver raccontato una montagna di fesserie perché aveva assunto diverse dosi di cocaina.
Dalla ricostruzione degli inquirenti, però, pare che Torrente conoscesse davvero Ruxandra Vesco, detta Alessandra, sposata con un figlio e residente ad Alcamo. Fra i due sarebbe nata anche una relazione sentimentale piuttosto turbolenta, fatta di passione, soldi prestati, truffe, usurai e droga. Spesso quando la compagna e i figli di Torrente erano fuori per una passeggiata, l’uomo avrebbe ospitato in casa propria l’amante per consumare fugaci rapporti sessuali.
Tra settembre e ottobre 2015 la donna avrebbe alloggiato all’hotel San Paolo Palace di Palermo, ospite del pescatore che, però, avrebbe fatto di tutto per tentare di chiudere la relazione. Prima di andarsene dall’albergo la donna si sarebbe presentata in casa di Torrente annunciandogli di trasferirsi in pianta stabile in quell’abitazione con i suoi congiunti. Era il 13 ottobre del 2015 e le cose si mettevano male per Damiano Torrente che, per tutta risposta, avrebbe allontanato da casa la donna per poi riprendere a litigare.
Ruxandra l’avrebbe minacciato anche di raccontare la loro storia d’amore alla sua compagna e di denunciarlo per sfruttamento della prostituzione. Torrente, al culmine del litigio, avrebbe afferrato una corda per poi avvolgerla intorno al collo di Ruxandra che sarebbe morta strangolata:
”…Dopo l’ho infilata in due sacchi da giardiniere, ho impiegato mezz’ora – raccontava Torrente ai carabinieri – uno dalla parte della testa, l’altro dei piedi e l’ho infilata nel bagagliaio della mia automobile, una Punto Bianca, dove ho messo anche la sua borsa con il cellulare e un I-Phone. La notte successiva, verso le 3, sono uscito di casa e attraverso una strada interna sono arrivato in via Monte Ercta. L’ho tirata fuori dall’auto, trascinandola fino al parapetto e l’ho fatta cadere nel dirupo. Mi sono sbarazzato del cellulare buttandolo in mare a Mondello, mentre la borsa l’ho bruciata nel mio giardino quando mia moglie dormiva…”.
Poi Torrente ritrattava, anche stavolta, la sua verosimile versione dei fatti. Se ne riparlerà il 14 dicembre con la requisitoria dell’avvocato difensore. La sentenza potrebbe arrivare nel gennaio del 2023.