Il Partito Democratico tra identità diverse e sfide di rinnovamento

L’analisi delle dinamiche sociali che caratterizzano il Pd evidenzia l’importanza dell’identità politica e della visione del Paese. Tra le sfide del presente, la necessità di conciliare storie e culture politiche diverse e l’obiettivo di costruire una nuova identità chiara sotto la guida di Elly Schlein.

Roma – Le dinamiche sociali che giustificano l’esistenza di ogni partito, non tanto in termini di consenso ma di identità, sono utili per comprendere ed attrarre interesse. Comprendere quale visione si ha del Bel Paese è determinante per coinvolgere ed indirizzare l’azione politica. Se si guardasse l’orizzonte con maggiore distacco, la maggioranza di governo dovrebbe smetterla di crogiolarsi contando i voti guadagnati e le bandierine issate qua e là. Nello stesso tempo l’opposizione, in particolare il Pd, dovrebbe iniziare a costruire un’alternativa che serva ad orientare i tanti cittadini, allontanatisi dalla politica, per creare interesse ed emozioni, che in ogni caso sono funzionali al buon andamento della dialettica democratica.

Il punto dolente, forse, è che il Pd è il partito che copre, da sempre, il territorio più esteso della politica italiana. Originalmente, infatti, nasce essenzialmente dall’incontro tra alcuni che erano stati democristiani e altri comunisti, più molti altri reduci di ideali politici discendenti da famiglie, comunità del dopoguerra. Di qui la difficoltà di amalgamare, come si disse all’epoca e si manifesta nell’oggi, storie politiche tanto diverse e tanto controverse. Con, in più, l’ambizione di voler chiamare a raccolta nuove generazioni e dunque aggiungere nuove sensibilità. Inevitabilmente tutto ciò ha portato e continua a determinare anche nuove complicazioni e dissidi.

Il confronto tra passato e presente

In ogni caso, sembra vi sia una distanza abissale tra la politica di Moro e quella di Berlinguer, un cocktail forse mal digerito e che, attualmente per le nuove generazioni sembra preistoria e che, comunque Elly Schlein tende a fare dimenticare, imprimendo una svolta a sinistra che elimina ogni ambiguità. Cade, in tal modo, un velo di ipocrisia e con molta probabilità di inconciliabilità tra mondi, visioni e politiche confuse, molto spesso determinate da compromessi poco nobili sul piano ideale. Quel che è certo è che il Pd si trova ad un bivio. Rimanere nell’ambiguità ed in un interregno provvisorio, oppure modellare un partito con una identità chiara. Magari dunque separando quelle due storie e culture, che prima o poi devono riprendere la loro autonomia. Cosa che, salvo pochi casi personali, non è ancora avvenuto. Ma che pure resta nell’aria, come a indicare l‘esistenza di una contraddizione non risolta e forse non risolvibile. Chissà.

Ultima puntata di un antico conflitto tra riformisti e massimalisti che già da molto tempo, almeno dall’attuale linea del Nazareno, aveva attraversato i destini della sinistra italiana. D’altronde è anche successo che alcuni segretari nazionali del Pd, abbiano abdicato e siano andati a creare aree politiche più modellanti per la propria visione e fisionomia politica. Insomma, per svariati motivi, hanno abbandonato. Si vuole ricordare solo Bersani e Renzi, con interi pezzi di dirigenza al seguito. La sensazione è che fino alle elezioni europee del 2024 si cercherà di evitare conflitti dirompenti, tra i dem, per centrare un buon risultato e salvare poltrone e ruoli. Ma non è detto che ciò si verifichi, la prova vivente di ciò è dato dall’equilibrismo forzato di Schlein, la quale critica, affronta i titoli dei dossier per grandi linee, ma di proposte concrete che identificano dirigenti e base dei circoli ancora non v’è traccia.

Elly Schlein tra sfide e tensioni

Insomma, la verità è che la nuova segreteria di Elly Schlein avrebbe dovuto archiviare tutte queste dispute, voltando pagina e consegnando a un nuovo gruppo dirigente le leve del comando. Ma poiché trattasi di altra fusione a freddo, si sta ancora cercando o facendo finta di cancellare la differenza tra le storie dei maggiori due partiti del passato, incentivando nello stesso tempo nuove adesioni ed entusiasmi per la nuova linea politica, onde evitare il vuoto più assoluto. In ogni caso, il Pd ancora continua, a tutt’oggi, ad avere troppe identità, molteplici sensibilità e differenze sostanziali al proprio interno per offrire certezze al proprio elettorato. Potrebbe essere una ricchezza, ma dalla nuova era shleineniana la direzione è diversa.

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