Approvato il DDL sul nucleare sostenibile. Tra sogni di indipendenza energetica e ritardi nei vecchi impianti, il nucleare resta una sfida piena di incognite. Analisi e rischi.
Il 28 febbraio è stato approvato dal governo il Disegno Di Legge (DDL) sul nucleare di ultima generazione, che delega il Governo a definire un quadro normativo per la produzione di energia da fonte nucleare sostenibile idoneo ad attrarre investimenti privati e pubblici. Lo scopo è di contribuire alla decarbonizzazione prevista entro il 2050. Si parla, per questo, di introdurre, in futuro, anche quello a fusione nucleare, che si verifica a pressione e temperature elevatissime. L’intento è di poter dare risposte concrete alla crescente domanda di energia elettrica, fare dell’Italia un Paese indipendente dal punto di vista energetico, abbattere i costi per aziende e consumatori.
Una vera pacchia, non c’è che dire! In dettaglio, nel 2050, il nucleare produrrà tra l’11 e il 22% del totale dell’energia prodotta e il resto da fonti rinnovabili. Ma può essere sostenibile? Di per sé l’accostamento sembra un ossimoro, come definire qualcuno un “brutto bello”. Il nucleare, non essendo una fonte rinnovabile produce enormi quantità di scorie radioattive che rimarranno pericolose per diverse migliaia di anni: una condanna per l’ambiente e per le generazioni future, perché non esiste una soluzione sicura per smaltirle. I vecchi impianti saranno destinati alla dismissione, sperando che vengano garantiti tutti i principi di sicurezza.

Nel nostro Paese, si sa come vanno a finire certe situazioni, meglio essere vigili! Gli impianti potranno essere costruiti anche da aziende private, con la dovuta garanzia di copertura dei costi di realizzazione, conduzione e smembramento dell’impianto, oltre agli eventuali rischi. Il piano prevede nei prossimi 12 mesi la verifica, l’individuazione e la creazione dei nuovi reattori. I territori scelti godranno di una serie di incentivi, garantendo vantaggi economici e occupazionali alle popolazioni del luogo. Messa così, sembra quasi la definizione della valle dell’Eden sulla terra.
Come summenzionato, il problema più importante, ma sembra passato in secondo piano, è lo smantellamento delle future centrali nucleari. Non si è riusciti a sapere come fare con quelle esistenti, figurarsi con quelle future! Le scorie attuali ancora non si sa dove smaltirle e per smantellarle, intanto, si sono allungati i tempi al 2052, con un ritardo di 11 anni ed una crescita dei costi pari a circa 4 miliardi di euro. Normale amministrazione per un Paese in cui il rispetto dei tempi non si sa nemmeno cosa sia. Così come è stata spostata dal 2029 al 2039 la realizzazione dell’opera. 10 anni cosa vuoi che siano di fronte all’eternità? Bazzecole!

Questi ritardi hanno provocato una reazione a catena, per cui i siti bonificati non avverranno nel 2041, come si pensava nel 2020, ma nel 2052. Secondo le ultime stime i costi sono più che raddoppiati, rispetto alle previsioni. Ne imbroccassero una! Oggi l’Italia ha speso circa 5 miliardi di euro, ma non bastano. Si parla che la cifra totale sarà di 11,38 miliardi. Poi ci si mette l’inflazione e il caro materiali, due costanti quando si tratta di opere pubbliche e, quindi, non si sa dove si andrà a parare con l’aumento dei costi. Comunque, non si tratta di essere favorevole o meno al nucleare, ma di valutare con attenzione vantaggi e svantaggi, gli interessi pubblici e non di parte. E poi, se non altro, per rispetto del principio di precauzione, quando si parla di nucleare, ricordiamoci degli incidenti di Chernobyl del 1986 e di Fukushima (Giappone) del 2011, tanto per citare i più noti. Entrambi, oltre ai danni alle infrastrutture e all’ambiente, provocarono migliaia di morti. Ricordiamocene bene!