Il Meridione delle vacche magre

Nel Mezzogiorno d’Italia le cose non vanno affatto bene, dice l’Istat. Lo scorso anno 1,9 milioni di famiglie hanno vissuto in stato di povertà assoluta, pari al 7,5% del totale dei nuclei italiani. Le persone povere hanno raggiunto la cifra di 5,6 milioni, pari al 9,4% della popolazione.

Roma – Le famiglie meridionali stringono la cinghia! Una volta nella cultura contadina si soleva dire, quando si viveva periodi di magra e si pativa la fame che bisognava: stringere la cinghia. In effetti quando la tavola è vuota, si finisce spesso per calare di peso, per cui per tenere su i pantaloni bisogna tirare la cinghia, intesa come cintura.

Pare che il motto popolare possa derivare anche dai tempi in cui le monete erano tenute in borse con lacci o cinghie. In questo caso stringerle significava non lasciare uscire denaro, risparmiare. Ora questa locuzione sembra appropriata per definire gli ultimi dati Istat (Istituto Nazionale di Statistica) sulla povertà nazionale.

Lo scorso anno 1,9 milioni di famiglie hanno vissuto in stato di indigenza assoluta, pari al 7,5% del totale dei nuclei italiani. Le persone povere hanno raggiunto la cifra di 5,6 milioni, pari al 9,4% della popolazione. Rispetto all’anno della pandemia il 2020, i cui effetti devastanti si sono avvertiti in campo sanitario e socio-economico, non ci sono stati cambiamenti particolari.

Secondo gli economisti questa situazione è il risultato dell’inflazione. L’anno scorso le famiglie più povere italiane hanno registrato un incremento dell’1,7% nella spesa per i consumi, rispetto all’anno prima. Le conseguenze di questo piccolo aumento sono state immediatamente neutralizzate dalla simultanea crescita dell’inflazione che ha raggiunto un +1,9%.

Ora osservando la crescita potenziale per quanto riguarda la spesa delle persone povere, se ne può ricavare un dato incoraggiante. Però, c’è da dire, che l’inflazione non nuoce in maniera uniforme tra le fasce della popolazione. Si tratta, in definitiva, di artifici e arzigogoli teorici degli studiosi di scienze sociali, che possono pure corrispondere alla realtà osservata, ma non cambia la situazione delle vittime di tale fenomeno.

Nel senso poveri erano e poveri si ritrovano. Come era facile prevedere la distribuzione geografica delle quasi 2 milioni di famiglie povere registra una presenza maggiore al Sud, dove sono aumentate di 50mila unità. In direzione opposta nelle altre zone d’Italia. In dettaglio: nel Nord-Ovest c’è stato un decremento di 89mila unità; nel Nord-Est il calo è stato di 19mila unità.

Una zona che, purtroppo, sta imitando il Sud, nel senso che la povertà è in crescita, è il Centro-Italia, dove l’aumento ha registrato un più 9mila unità. Le isole, invece, sono riuscite a contenere la povertà in un + 1000 unità.

Se si analizza l’incidenza del fenomeno sul computo totale delle famiglie, emerge che il dato 2021 è moderatamente in diminuzione rispetto al 2020: dal 7,7% al 7,5%. Anche in questo caso si registra un divario Nord-Sud. Nel primo (comprendente sia Nord-ovest che Nord-Est) si registra un calo sotto il 7%. Nel secondo, un aumento: dal 9,9% al 10,8%.

Ora poiché ci occupiamo di cronaca e di fatti sociali, non possiamo fare altro che registrare, puntualmente, la realtà. Tuttavia il comune cittadino, è ormai esausto nell’ascoltare sempre lo stesso disco e leggere sostanziosi compendi di analisi sociale ed economica effettuati da organismi nazionali ed internazionali, senza risultati concreti.

Sin dall’unità d’Italia esiste la questione meridionale, manifestatasi in diverse modalità nel corso dei vari periodi storici che si sono succeduti fino ai nostri giorni. Non c’è mai stato nessun tentativo serio e propositivo di dare una soluzione, da parte di nessun governo democratico sia prima che dopo il fascismo.

Anzi si peggiora sempre di più. Le famiglie che sono costrette a stringere la cinghia, affettuosamente…. ringraziano!                            

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