Saldo dei pagamenti elettronici superiore agli scontrini: l’errore è delle banche, ma l’Agenzia delle Entrate manda (e poi ritira) missive “da infarto”.
Roma – L’Agenzia delle Entrate prende di mira commercianti e artigiani. La solita “storia” italiana di inefficienza e mala burocrazia, degna di essere rappresentata dal “teatro dell’assurdo”. Giorni addietro l’ Agenzia delle Entrate (AdE) ha spedito a commercianti e artigiani delle missive in cui comunicava possibili anomalie sui dati POS, che, addirittura, sono stati duplicati se non triplicati. In pratica il fisco è andato fuori controllo, prendendo di mira presunti disallineamenti tra gli scontrini elettronici dei commercianti e artigiani, spediti on line all’AdE e gli incassi tramite POS. E’ chiaro che è stato commesso un grosso errore, da cui è sorta una gran confusione da parte dei destinatari delle lettere, oltre che desolazione e perdite di tempo non volute. Le cronache milanesi ci hanno raccontato del caso di un contribuente che ha avuto un mancamento dopo aver letto del presunto disallineamento tra gli incassi POS registrati e gli scontrini prodotti, di 50 mila euro.
Queste lettere stanno creando sconcerto ai riceventi, in quanto l’amministrazione finanziaria evidenzia che dai dati ricavati dall’incrocio degli stessi che le banche inviano in automatico, i contribuenti avrebbero, nel 2022, incassato alcuni pagamenti elettronici per una somma maggiore rispetto a quanto risulta dagli scontrini o dalle fatture elettroniche. Dopo l’invio delle lettere di “compliance” -così definite quando vengono riscontrate anomalie tra i dati ricevuti e quelli dichiarati dal contribuente- l’AdE ha diffuso un comunicato stampa, in cui ha, testualmente dichiarato:
“Da alcune segnalazioni giunte da contribuenti e intermediari è emerso che degli operatori finanziari, obbligati per legge alla trasmissione dei dati relativi ai pagamenti elettronici (Pos), hanno commesso degli errori sulle informazioni inviate. L’Agenzia delle Entrate è venuta a conoscenza di questa circostanza – non riferibile al proprio operato e, trattandosi di informazioni trasmesse in forma giornaliera e aggregata, non rilevabile neppure dalle attività di verifica della qualità delle banche dati – solo dopo l’invio delle lettere di compliance relative al confronto tra pagamenti elettronici giornalieri e fatture elettroniche e/o corrispettivi telematici trasmessi. L’Agenzia si è immediatamente attivata con gli stessi operatori finanziari per individuare nel dettaglio gli errori da loro commessi e nei prossimi giorni invierà ai contribuenti coinvolti una comunicazione di annullamento delle lettere di compliance che riportano dati sbagliati”.
Nel caso in cui il contribuente prende atto che le informazioni siano scorrette, può fornire chiarimenti, anche con l’aiuto di intermediario o, come seconda opzione, utilizzare il canale telematico di assistenza “CIVIS”, con il quale può inviare la documentazione che ritiene necessaria. Se, al contrario, il contribuente ha commesso un errore, può regolarizzarsi con il “ravvedimento operoso”. Comunque, nella migliore delle ipotesi si spreca del tempo, sperando che non ci siano intoppi ulteriori. Nella peggiore, c’è un esborso di soldi, pagando l’intermediario per la consulenza.
Nel caso del “ravvedimento operoso” c’è una sanzione da pagare, ma è frutto di inadempienza del contribuente o del suo commercialista. Sempre di “gatte da pelare” si tratta. Gli intralci frapposti tra la burocrazia e il cittadino fanno parte del nostro Dna, tanto da diventare un fenomeno di mal costume. Ma la tecnologia non doveva rendere tutto più veloce, efficiente e senza errori? Meno male…!