Il deficit d’attenzione e iperattività in costante crescita tra gli adulti

Prima era considerato tipico dell’età evolutiva. Oggi si diffonde a macchia d’olio , 2 milioni con questa patologia, tra varie fasce d’età.

Il deficit d’attenzione/iperattività, noto con la sigla inglese ADHD (Attention Deficit Hyperactivity Disorder) è stato considerato, fino a qualche decennio fa, tipico dell’età evolutiva, in cui può compromettere numerose aree dello sviluppo e ostacolare l’inserimento sociale del bambino. Ebbene, negli ultimi tempi si è diffuso anche tra gli adulti. L’Università di Medicina della Pennsylvania, USA, da diversi anni, grazie al Penn Adult ADHD Treatment and Research sta effettuando una serie di studi per monitorarne il suo sviluppo.

Si tratta di un programma di ricerca e trattamento dell’ADHD negli adulti. E’ un tipo di disturbo che concerne il neurosviluppo, i cui effetti si palesano nella difficoltà di essere attenti, iperattività e incapacità nel tenere a bada i propri impulsi. E’ chiaro che si tratta di effetti che provocano non pochi danni nella vita di chi ne è colpito. Secondo i dati a disposizione, pare che in tutto il mondo siano 366 milioni le persone che hanno a che fare con questo tipo di disturbo. E’ un numero enorme, pari, pressappoco, alla popolazione degli USA. Mentre in Italia, come ha riportato il “Quotidiano Sanità” sarebbero quasi 2 milioni gli adulti con questa patologia.

Le cause sonio varie, tra cui la genetica, il fumo, l’alcol. Gli studi più recenti, ne hanno aggiunta un’altra, la tecnologia. Sempre lei, la perfida, terribile tecnologia, che seduce e ammalia per le molteplici possibilità che offre, ma poi l’uso eccessivo ti trafigge con la sua pervasività, i cui effetti risultano infausti o quasi. L’uso massiccio e costante dei media digitali incide del 10% sulla crescita dell’ADHD.

Oggi si lavora in multitasking e soggetti a stimoli continui, per cui l’eccesso di feedback non può che produrre un calo della capacità di attenzione. Pur non essendoci accordo tra gli scienziati tra la correlazione tecnologia/ADHD, tuttavia è significativa nel creare l’ambiente adatto alla sua proliferazione. I sintomi, comunque, sono diversi se il disturbo si manifesta in età infantile o adulta. Ad esempio, è stato notato che la parte impulsiva e iperattiva tenda a calare con l’età adulta, la mancata attenzione, al contrario, persiste. Spesso, si è in presenza di sintomi latenti che “esplodono” in età adulta, come succede alle donne con la menopausa.

Inoltre, rappresentano un numero considerevole i casi di disturbo non diagnosticato, curato in modo erroneo con antidepressivi e ansiolitici. Poiché trattasi di un disturbo che incide nella vita delle persone, sia dal punto di vista affettivo che professionale, l’aspetto più importante è fare la giusta valutazione, per cui, se preso in tempo, come molte patologie, ci sono diversi percorsi terapeutici efficaci, sia farmacologici che psicologici. Quindi le misure più idonee alla cura del disturbo permettono di condurre una discreta qualità della vita. E soprattutto staccarsi dallo smartphone almeno per qualche ora al giorno.

Non è la prima volta che vengono pubblicate ricerche scientifiche sugli effetti dannosi per l’eccessivo uso delle tecnologie, sia a livello fisico che mentale. E’ acclarato, ormai, che ci sono e ce le dobbiamo tenere. Non si vuole fare un discorso di retroguardia, anche perché sarebbe, di fatto, impossibile. A meno che non ci si voglia dedicarsi all’eremitaggio, il contesto ambientale è tutto digitale e se si vuole vivere in esso bisogna adeguarsi, piaccia o no. Tuttavia, è molto triste constatare che per “godere” delle virtù salvifiche e taumaturgiche della tecnologia, il prezzo da pagare è molto alto.

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