Ormai il riscaldamento globale di origine antropica è diventato un fatto acclarato dalla comunità scientifica e dall’opinione pubblica mondiale. Ma le iniziative concrete scarseggiano e l’ambiente degrada. In questo ambito gli alberi giocano un ruolo chiave.
Roma – Solo i negazionisti fanno orecchie da mercanti, ma fanno parte di quella categoria di individui con gli occhi foderati di prosciutto e che vedono ciò che desiderano vedere. Ma sembra essere diventato come “la sora Camilla: tutti la vogliono, nessuno la piglia”. Nel senso che tutti ne parlano ma nessuno fa qualcosa di concreto. Eppure di effetti deleteri per l’ambiente in generale ce ne sono a iosa.
Ad esempio, un recente studio ha evidenziato che alcune varietà di alberi, a causa del riscaldamento climatico, hanno subito un mutamento nel loro processo di crescita. A tal proposito, un gruppo di ricercatori dell’Ohio State University, USA, basandosi su un cumulo di dati raccolti con precisione da un agricoltore statunitense nel corso del XIX secolo, hanno stabilito un parallelo col contesto di oggi. Ebbene, sono emerse criticità non di poco conto. Pare che i meticolosi dati messi a disposizioni degli studiosi appartenessero a Thomas Mikesell, contadino dell’Ohio che tra il 1883 e il 1912, ha monitorato la crescita degli alberi, la temperatura e le precipitazioni di pioggia.
C’è da segnalare che in quell’arco di tempo la temperatura del Pianeta si è surriscaldata fino a raggiungere 1.1 °C, a causa dei cambiamenti del clima. La principale autrice della ricerca, Kellen Calinger-Yoak, col suo carico di dati, è andata in Ohio tra gli anni 2010 e 2014, in primavera e in autunno. La scienziata e la sua équipe, in questo periodo, hanno esaminato 7 diverse specie di piante a legno duro: l’olmo americano, il sassofrasso, il sommacco, il noce nero, il pioppo orientale, la quercia bianca e quella nera. Si è constatato che le foglie restano sugli alberi il 15% in più rispetto al XIX secolo. Ovvero, la crescita delle piante si è allungata di un mese. Il contesto generale è, quindi, mutato. Secondo gli scienziati un mese in più di crescita è moltissimo, se si considera che i periodi di tempo in cui si manifestano i cambiamenti sono piuttosto brevi. Non tutti i tipi di alberi hanno risposto allo stesso modo ai cambiamenti.
Alcuni hanno rispettato la loro crescita, mantenendo il colore delle foglie più a lungo in autunno. Altri sono fioriti prima della primavera, loro periodo consueto. Cosa può produrre questo cambiamento ancora non ci è dato sapere, in quanto gli effetti non sono stati tutti studiati. In generale, le piante hanno una loro importanza perché catturano l’anidride carbonica (CO2) che c’è nell’atmosfera e restituiscono l’ossigeno, vitale per molti organismi. Si ipotizza che un mese in più potrebbe essere la risposta alla crescita di CO2 nell’aria. Gli alberi potrebbero, per il tempo ulteriore, assorbire l’eccesso di CO2 nell’aria mitigandone l’impatto sull’ambiente.
Non si sa, però, se a lungo andare questa situazione potrebbe produrre tanto stress sulle piante, la cui reazione, al momento è ancora sconosciuta agli studiosi. E si sa che l’ignoto provoca sempre timori nell’essere umano. Meglio sarebbe, almeno nel rispetto del principio di precauzione, di essere cauti e darsi da fare per salvare il salvabile.