Rispondere per iscritto ad una o più domande per sentirsi più riconoscenti e grati verso ciò che la vita ci ha donato aiuta il corpo e la mente.
Roma – Il ritorno del vecchio e caro diario. Il diario ricorda l’adolescenza di chi ha superato gli ‘anta da un bel po’. Ha rappresentato il luogo intimo per eccellenza, prima della rivoluzione informatica, in cui tanti adolescenti hanno annotato i loro pensieri, le loro ansie, le prime cotte. Una sorta di taccuino personale utilizzato più dalle ragazze, mentre i maschietti hanno, quasi sempre, preferito scrivere qualche appunto particolare sul proprio diario scolastico, un’agenda su cui venivano segnate le lezioni assegnate ogni giorno. Il diario è, quindi, un testo in cui vengono trascritti avvenimenti personali e importanti per l’autore, anche avvenimenti politici e sociali. Generalmente è scritto in prima persona singolare, riportando fatti reali, riflessioni e particolari stati d’animo.
Le annotazioni vengono registrate giornalmente o, comunque, con una certa regolarità, seguendo l’ordine cronologico. Con l’avvento della tecnologia informatica questa abitudine è stata quasi abolita d’imperio, accantonata come un straccio vecchio. Ora, pare che siano tornati in “auge”, prendendosi una sana rivincita, soprattutto i cosiddetti diari “della gratitudine”. Ovvero rispondere per iscritto a una o più domande per sentirsi più riconoscenti e grati verso ciò che la vita ci ha donato e continua a farlo quotidianamente. Recenti studi di psicologia hanno evidenziato che tenere un diario siffatto produce benefici quali migliorare la qualità del sonno, alleviare l’ansia, rafforzare il sistema immunitario e finanche, mitigare il dolore fisico. Le ansie e paure sono aspetti naturali attraverso cui si è evoluto il cervello umano.
I fautori della “mindfulness”, una forma di meditazione che focalizza l’attenzione sul momento presente coltivando un atteggiamento non giudicante, ritengono che praticare la gratitudine contrasta l’innata propensione alla negatività del nostro cervello, riorientandolo verso il qui ed ora. Tenere un diario, proprio come la pratica della gratitudine, produce benefici mentali, fisici e fisiologici. In questo modo si soddisfano due condizioni nello stesso istante: è una forma di terapia autogestita e una sorta di sfogo creativo. L’abbinamento di questa pratica con l’esercizio della gratitudine è una combinazione efficace per la salute mentale. Il rischio –sempre secondo gli esperti- è la ripetitività di scrivere sempre sugli stessi argomenti, come un disco che si incanta sul ritornello, ripetendolo all’infinito. Come sempre, o quasi, quando si tratta di psicologia fioccano i consigli a gogo, peraltro non richiesti, ma fanno parte del ruolo.
Per evitare di cadere nel tranello della ripetitività, si consiglia, appunto, di scavare più a fondo e avere una elenco di tutti gli aspetti della vita da cui si trae beneficio, per non ripetere quelli già abbondantemente trattati. Ovvero: fare una disamina più approfondita e, sicuramente, si troverà qualcosa di cui godere. Bisognerebbe chiedere se hanno un diario della gratitudine a quei poveri cristi che sbarcano sulle nostre coste, stipati come acciughe in una scatoletta su barconi fatiscenti. Oppure ai sopravvissuti della guerra in Ucraina. O a quelli del conflitto che si trascina dal dopoguerra ad oggi tra israeliani e palestinesi, esacerbatosi ancora di più col brutale attacco dell’organizzazione estremista palestinese Hamas sul suolo israeliano, a cui Israele ha risposto con bombardamenti indiscriminati sulla Striscia di Gaza, riducendo in macerie interi quartieri. Il bilancio è spaventoso da entrambi le parti in lotta, con migliaia di morti e feriti. Se avessero un diario cosa e chi dovrebbero ringraziare?