I traumi possono essere ereditati? Un viaggio tra psicologia ed epigenetica

I traumi non finiscono con chi li vive: studi su epigenetica e traumi multigenerazionali, dai sopravvissuti all’Olocausto agli esperimenti sui topi, suggeriscono una possibile ereditarietà.

La psicologia definisce il “trauma” come un effetto di un evento, o sequenze di eventi, dotati di una carica emotiva, di carattere negativo, tale da minacciare la stabilità, l’integrità e la continuità fisica o psicologica dell’individuo. Per essere tale, l’evento deve produrre un’esperienza vissuta come “critica”, eccedente cioè l’ambito delle esperienze normalmente prevedibili e gestibili. Il trauma (dal greco: “rottura”) è quindi un esempio di stress di gravità estrema, che minaccia l’integrità stessa della coscienza e la continuità dell’esperienza. Diversi studi hanno sostenuto che esso non muore con chi ha vissuto e quindi può essere trasmesso per ereditarietà nei geni delle generazioni successive.

Per comprenderne le modalità i ricercatori hanno distinto il genoma dall’epigenoma. Il primo costituisce l’insieme dei geni che compone il nostro DNA, il secondo tutte le molecole che rendono possibili i cambiamenti dovuti a fattori ambientali nell’organismo. E’ stato scoperto una sorta di marchio epigenetico, ad esempio, nei sopravvissuti all’Olocausto e nei loro discendenti a rischio elevato di salute mentale. Questo fatto ha suggerito che il trauma di un genitore potrebbe avere un forte impatto sull’equilibrio mentale dei suoi figli. E’ più fattibile studiare i caratteri ereditari negli animali da laboratorio, perché fanno semplicemente più cuccioli all’anno. Per questo motivo, il Dipartimento di neuroscienze dello sviluppo dell’Università of Southern California, USA, ha effettuato uno esperimento sui topi ed è stato verificato che lo stesso trauma patito dai genitori è stato trasmesso ai figli, pur in assenza dell’evento che lo ha determinato. In altri studi dell’Università di Zurigo, Svizzera, è stato studiato l’effetto della separazione dei cuccioli dalla loro madre. Pur non essendo ancora conosciuto il meccanismo in profondità, è stato constatato che i cuccioli e la loro prole manifestavano deficit di memoria, depressione e comportamento borderline. Quando si parla di traumi, non si intende solo quelli psicologici o sociali come la guerra, ma anche di tipo ambientale. Come dimostrò uno studio del 2005, secondo cui l’esposizione ad un fungicida agricolo influenzò il sesso della prole dei ratti e dei loro discendenti.

E’ stato scoperto una sorta di marchio epigenetico nei sopravvissuti all’Olocausto e nei loro discendenti a rischio elevato di salute mentale.

Se la comunità scientifica ha iniziato a manifestare preoccupazione su questi fenomeni, c’è la convinzione che alcuni cambiamenti epigenetici possano andare in un’altra direzione. Ad esempio un ambiente più confortevole può tenere a bada il comportamento determinatosi dall’evento traumatico. A conferma che “Tutti i fattori ambientali, dall’esposizione a sostanze tossiche alla dieta, dall’esercizio fisico ai cambiamenti climatici, hanno un impatto sulla salute attraverso l’epigenetica”. Tuttavia, si è ancora all’inizio del percorso e alcuni studiosi nutrono forti dubbi sulle verifiche finora riscontrate. Anzi, alcuni ritengono che queste ricerche possono “peggiorare la criticità, perché gli appartenenti a comunità con traumi multigenerazionali, ad esempio i nativi americani, potrebbero convincersi di essere strutturalmente danneggiate e di non potervici porre rimedio”.

E’ avvertita, comunque, l’esigenza che c’è bisogno di ancora numerosi studi per dimostrare, con tutti i crismi della Scienza, che i traumi possono essere ereditati. Una certa abitudine a saper reagire a traumi di qualsiasi tipo è connaturata nell’essere umano. In caso contrario la specie umana sarebbe già estinta da un pezzo. Infatti, è ancora qui a… procurare danni!

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