I medici italiani? I peggio retribuiti d’Europa: stipendi bloccati e lunghe liste d’attesa

Lo dice il rapporto curato da Fnomceo: un camice bianco del Servizio sanitario guadagna addirittura il 76% in meno di un collega olandese.

Roma – I medici italiani sfruttati e malpagati! La sanità italiana, lo si sa da tempo, versa in cattive condizioni. Elencarne i disservizi è come aprire un “cahier de doléances”: liste d’attesa tanto lunghe da essere rimandate alle calende greche; carenza di personale medico e infermieristico, per cui si costretti a doppi turni; ferie rinviate; pronto soccorso presi, letteralmente, d’assalto, come la cronaca, spesso ci racconta; stipendi bloccati. Ad esempio, i medici italiani, a livello di retribuzione sono tra quelli peggio pagati. Confrontarsi coi colleghi europei, da questo punto di vista, è una sfida impari, come quella tra una 500 (la retribuzione di un camice bianco italiano) e una Ferrari (lo stipendio di un medico europeo). In particolare un medico del Servizio Sanitario Nazionale ha una retribuzione inferiore del 76% di un collega olandese, il 72,3% di un tedesco, il 54,8% di un irlandese, il 38,4 di un danese.

Questi dati sono stati diffusi dal rapporto “Il necessario cambio di paradigma nel Servizio Sanitario Nazionale: stop all’aziendalizzazione e ritorno del primato della salute” durante il convegno “Dall’economia al primato della persona”, tenutosi a Roma 11 luglio scorso. Il rapporto è stato curato da Fnomceo (Federazione nazionale degli Ordini dei medici chirurghi e odontoiatri) e dal Censis (istituto di ricerca socio-economica). E’ emerso che lo stipendio annuo loro di un medico italiano è di 109 mila dollari, davanti a Slovenia, Francia, Repubblica Ceca e Polonia. Inoltre, al contrario di quello che si pensa, i medici numericamente ci sono, non esiste una loro carenza. Sono, infatti, 410 per 100 mila abitanti, mentre in altri Paesi il numero è inferiore. Ad esempio, la Francia, con 318 medici per 100 mila abitanti e l’Olanda 390 per 100 mila. E allora qual è il problema? Che le condizioni di lavoro del Servizio Sanitario Nazionale non sono per nulla seducenti, per non parlare delle retribuzioni.

Negli ultimi 8 anni gli stipendi dei medici hanno subito un calo del 6,1%, malgrado ci sia stato un aumento a livello assoluto di 7 mila euro annui. Inoltre, è cresciuta la richiesta di contratti a tempo determinato e interinale. Quest’ultimo è una forma di impiego, dove il lavoratore è assunto da un’agenzia di lavoro interinale, che, poi, “presta” il lavoratore a un’azienda cliente per periodi limitati di tempo. In questo contesto, sono cresciute di gran lunga le consulenze esterne. Tutta questa situazione si riversa con effetti negativi sulle spalle dei cittadini italiani, che non sanno più che pesci pigliare. C’è urgenza di attrarre nuovi medici e trattenere quelli che ci sono già, anche se la situazione si è inasprita come dimostrano le continue aggressioni subite da medici e personale sanitario, che diventano le figure su cui vengono scaricate rabbia e frustrazione per i continui disservizi.

Comunque già il titolo del rapporto “stop all’aziendalizzazione e ritorno del primato della salute” è quanto meno fuorviante. Nel senso che non può che essere un auspicio. Sono decenni che il concetto di “azienda” fa fatto irruzione nella sanita. Tutto ebbe inizio negli anni ’90 del secolo scorso, col decreto legislativo 502/1992 che riordinò la sanità trasformando le unità sanitarie locali (Usl) in aziende sanitarie (Asl) e valorizzando il ruolo delle regioni quale snodo locale del sistema sanitario nazionale. Da allora è iniziato il lungo percorso che ha determinato la situazione attuale. Ovvero la salute come merce, l’erogazione dei servizi come mera unità quantitativa e come recita il decreto “le Asl sono aziende con personalità giuridica pubblica, dotate di autonomia organizzativa, gestionale, tecnica, amministrativa, patrimoniale e contabile nonché centri di imputazione di autonomia imprenditoriale”. E’ trascorso più di un trentennio da quanto la sanità è diventata un “mercato” appetibile alle lobbies del settore che quando sentono il fiuto degli affari non hanno alcune remora a mostrare i propri artigli. La salute, così come la scuola, dovrebbero essere i due architrave di un welfare moderno e di una democrazia matura, senza alcuna mercificazione di sorta.     

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